Regia di Alberto Rondalli vedi scheda film
Alberto Rondalli viene dalla scuola di cinema di Ermanno Olmi e ha diretto tre film, tutti con personaggi e temi legati alla sfera del sacro. Percorso singolare, quindi, nel panorama italiano: dall’austero e ambiguo “Quam mirabilis” (1994), sull’attrazione tra due suore di clausura (suo miglior risultato), al televisivo “Padre Pio da Pietrelcina” (1997), a questo “Derviscio” che ci trasporta in una provincia dell’Impero Ottomano. Ahmed Nurettin è il capo integerrimo della comunità, devoto alle regole coraniche, distaccato da tutto e proiettato nell’eternità. Quando suo fratello viene ingiustamente arrestato e giustiziato, lui decide di lottare e sporcarsi le mani con le tragedie del mondo. Tratto dal romanzo “Il derviscio e la morte” dello jugoslavo Mesa Selimovic, il film unisce, con passo faticoso, mistica sufi e meditazioni sulle miserie umane. Purtroppo, “Il derviscio” non danza né ruota: lunghe scene dialogate lo zavorrano a terra. E il rigore cinematografico resta sterile.
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