Regia di Robert Altman vedi scheda film
Complimenti a Fellowes che riesce a trarre dalle medesime premesse due prodotti così differenti eppure molto godibili. Da un lato Downton Abbey, pervaso di paternalismo e buoni sentimenti; dall'altro Gosford Park, un capolavoro di cinismo che mette a nudo ipocrisie ed egoismi. Voto: 7+ PS: viva Maggie Smith!
Gorford Park è tornato alla ribalta sulla scia del successo mondiale della serie TV Downton Abbey Entrambi scritti dallo stesso sceneggiatore (Julian Fellowes), mostrano analogie ben evidenti, a cominciare dall'ambientazione in una nobile tenuta di campagna inglese, fino alla ripartizione dei personaggi tra "piani alti" (i signori) e "piani bassi" (i domestici). Potremmo dire che Gosford Park è stato lo spunto per il soggetto di Downton Abbey, ma trovo davvero stupefacente come Fellowes sia riuscito a trarre dalle medesime premesse due prodotti così differenti eppure entrambi altamente godibili.
Infatti, quanto Downton Abbey è pervaso di paternalismo e buoni sentimenti che tendono a fondere le due classi sociali in una sola comunità, tanto Gosford Park è un capolavoro di cinismo nell'evidenziare l'egoismo e l'ipocrisia di (quasi) tutti i rappresentanti dei due schieramenti (si salvano solo gli "americani"). Emblematico è il doppio ruolo affidato a Maggie Smith, che in entrambe le pellicole interpreta una vecchia nobile snob, ma con esiti assai diversi: gretta e insopportabile nel film di Altman, ironica e adorabile nella serie TV.
Tornando al film, è vero, come sostengono alcuni, che la pletora di personaggi renda più arduo seguire il filo del discorso (servirebbe uno schemino iniziale come nelle piece teatrali). Forse, però, non è così importante scoprire chi sia l'assassino e conviene piuttosto godersi le interpretazioni magistrali, i dialoghi sapidi, la regia sapiente. E se poi servirà una seconda visione... pazienza.
Voto: 7+
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