Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film
Ci sono parecchie classifiche dedicate alle pellicole di Alfred Hitchcock. In quelle comuni "Psycho" è considerato il capolavoro assoluto, mentre in altre stilate dai fan, al top emerge "Vertigo", opera del Maestro che a causa di un processo di post-produzione piuttosto problematico (montaggio continuamente modificato, script considerato dalla critica poco confacente al romanzo di Pierre Boileau e Thomas Narcejac da cui prende ispirazione, flashback finali tagliati...) non ebbe la giusta accoglienza dal pubblico, ed a cui però ne conseguì un'enorme fase di rivalutazione, la quale gli diede la fama decorosissima che detiene tutt'oggi. Personalmente non so se sia effettivamente il miglior lungometraggio di Hitchcock, sebbene rimanga sicuramente uno dei suoi film più intensi, e per comprenderne l'ermetico significato e l'inconsueta struttura narrativa occore vederlo soventemente. Dunque, il titolo italiano è "La donna che visse due volte" e la protagonista è Madeleine, una ventiseienne, compagna di un vecchio amico del detective John Ferguson (Stewart), che in dei frequenti stati di catatonia discontinua, sembra cadere in una condizione di ipnosi mistica in cui sente il bisogno di visitare i luoghi i quali le fanno venire in mente gli spiriti legati alla drammatica morte dell'antenata Carlotta Valdés. Ferguson viene incaricato dal marito di pedinarla, ma finirà per innamorarsene perdutamente, finché in seguito all'apparente suicidio, incontrerà per strada un'altra fanciulla dall'aspetto incredibilmente simile a quello di Madeleine... è solo un'illusione o la Valdés si è veramente reincarnata? Le entrate in scena dell'attrice Kim Novak sono cabalistiche e multiformi, quasi "spettrali" in certi momenti, tanto da destare spesso allo spettatore il sospetto che la sua comparsa non sia mai stata quella di un personaggio realmente esistito nello svolgimento della storia, bensì una proiezione introspettiva, a cui Ferguson vuole imprescindibilmente continuare a credere (ricorrenti infatti le auree attorno al volto della Novak). Un ruolo primario nelle effigi rappresentative viene assunto dai filtri rossi e verdi utilizzati nella fotografia, convenienti a simboleggiare gli aspetti profondi e controversi dei sentimenti umani: la passione ardente (e peccaminosa) manifestata verso una dama materialmente lontanissima, e l'invasamento abbacinante nei confronti di quest'ultima, il quale porta ad un desiderio accecante di possederla. Una percezione alterata dell'ambiente contingente, esattamente come l'effetto ottico del senso di vertigine provato da John (realizzato con virtuosi movimenti di mdp assemblati ad acuminate distorsioni dello zoom), che lo perseguita durante le fasi chiave del racconto, in modo particolare nelle sequenze all'interno della torre del campanile, nel quale Madeleine tenta il gesto estremo; la prospettiva dell'autore (con una presa di un ritmo incalzante) cambia completamente nell'atto secondo, in cui il background diventa coerente, e dove i fantasmi del passato continueranno a tornare sotto un riverbero luminoso completamente differente, quasi per sottolineare la labilità e la precarietà delle emozioni, le quali ciononostante continuano ad incunearsi ed a tormentare il nostro subconscio. L'atmosfera di cordoglio ed afflizione per ciò che è stato e non tornerà mai permeano l'amletico trattato di Hitchcock, lasciando comunque un velo di mistero sulla natura enigmatica della psiche; i titoli di testa caleidoscopici faranno da preludio a questo folgorante thriller "chimerico", grazie anche alle musiche incomparabili di Bernard Herrmann.
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