Ci sono film che puntano parte della loro reale ragion d'essere su aspetti di folklore locale magari con l'intenti promozionali, senza rendersi conto di sortire effetti controproducenti se non dannosi.
Questo è ciò che riesce a fare secondo me il film cupo ed anonimo di Paolo Quaregna ad un agglomerato urbano invero assai caratteristico e piacevole come è il centro piemontese di Ivrea, ripreso qui in concomitanza con le celebrazioni del suo particolare carnevale, caratterizzato da una concitato lancio di agrumi tra le fazioni opposte che riprendono le varie antitesi tra borgate cittadine.
La quarantenne insoddisfatta Manuela fugge per un week end fino ala città dell'interland torinese, e girando per i quartieri devastati dal lancio di arance, incontra Fabio, uno scapolo pure lui afflitto da un certo malessere derivante dalla forzata solitudine.
Assieme i due si concederanno un fine settimana all'insegna del sesso liberatorio e forsennato, salvo ritrovarsi, alla vigilia della partenza, ancor più soli e più frustrati di prima.
Banale e routinario, il film racconta un'avventura come tante, senza un minimo di verve o di brio, sia nella scelta delle inquadrature, sia nell'evoluzione di un rapporto che pare non convincere proprio gli interpreti.
Una Stafania Sandrelli burrosa e svestiva molto di moda in quegli anni che fecero seguito al rilancio post La chiave, ed un Marzio Honorato dall'aria perennemente ebete, medio-man davvero insostenibile e causa inequivocabile o malessere.
Un film smorto, se non proprio morto, che non presenta il minimo guizzo di vitalità, men che meno nelle scene di sesso, ove la carne esposta è inversamente proporzionale alla carica erotica che le situazioni riescono a provocare.
La colonna sonora, a cura di Gino Paoli, rimane alla mente per la gradevole e nota canzone, ma qui inopportuna sin dal titolo, "Una lunga storia d'amore", che stride con tutto il contesto narrativo già debole del filmetto.
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