Regia di Antonio Albanese vedi scheda film
La terza regia di Albanese è la meno riuscita del terzetto: Uomo d'acqua dolce e La fame e la sete erano più decisamente virati al comico, con le relative aspettative medio-basse, mentre qui l'attore e regista imposta la pellicola sui toni della commedia di costume, volgendo una critica lieve ed ironica alle contemporanee influenze new age ed ai santoni del terzo millennio. E non va benissimo: il ritmo è blando, i dialoghi sono artefatti e le sporadiche gag sembrano forzate; la sceneggiatura del regista-protagonista e di Vincenzo Cerami (la cui figlia, guarda un po', è la co-protagonista del film, perlomeno senza sfigurare) - con la collaborazione anche del giornalista e scrittore Michele Serra - non parte mai, vivendo di situazioni piuttosto piatte o stereotipate e concludendo la storia con un happy end che non vuol dire assolutamente niente (il santone sbugiardato dall'arrivo delle Fiamme gialle?!?). Curiosamente la vicenda del guru non incorruttibile e degli adepti che abbandonano il ritiro spirituale delusi ricorda molto da vicino la disavventura occorsa in India, nel 1968, ai Beatles con il Maharishi Mahesh Yogi. Musiche funzionali (e funzionanti) di Nicola Piovani, bravo Dino Abbrescia di spalla ad Albanese, simpatico ma non ineccepibile Shel Shapiro. Che il mondo odierno sia fasullo e che le crisi personali si risolvano aprendosi agli altri non sono grosse novità: un film francamente banalotto. 4,5/10.
"Il nostro matrimonio è in crisi": questa è la frase con cui Alice liquida il neosposino Antonio, la prima notte di nozze. Il giorno seguente lei si rifugia in un casolare di campagna, unendosi alla cricca di un santone; lui la segue e fa di tutto per capire le ragioni della fuga. Piano piano, la riconquisterà.
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