Regia di Ron Howard vedi scheda film
I biopic hollywoodiani sono tutti uguali: prendono un personaggio eccezionale e lo raccontano in modo banale. Non la scampa nessuno: da Gandhi a Kinsey, da Chaplin a questo John Nash, tutti omologati sotto l’etichetta “genio incompreso” (mi viene in mente quella battuta di non so chi: la sorte peggiore che possa capitare a un genio è quella di essere compreso). Anche gli elementi più bizzarri (che in questo caso, trattandosi di un matematico con problemi psichici premiato con il Nobel, non mancano) vengono resi in modo tale da farli sembrare quasi normali. Nel tentativo di interessare lo spettatore, il film si concentra appunto sulla storia privata del protagonista e trascura la parte relativa ai suoi studi (della teoria dei giochi, per come viene spiegata, si capisce poco); alla fine ci si accorge che i personaggi più credibili e simpatici, paradossalmente, sono quelli immaginari.
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