Regia di Ron Howard vedi scheda film
Con i pochi capelli rossi ormai canuti, Ron Howard raggiunge una maturità espressiva narrativa sempre più convincente raccontandoci la storia del matematico John Nash (Crowe), genio dell'università di Princeton, passato alla storia della matematica e a quella dell'economia per la sua rielaborazione della teoria dei giochi, premio Nobel nel 1994 nonostante una forma di schizofrenia paranoide che lo ha afflitto per tutta la vita. L'ex ragazzino lentigginoso di Happy days opta per una soluzione narrativa assai limpida: nella prima parte del film ci descrive il genio matematico, semplificando la complessità delle sue invenzioni e cucendo aneddoti sul suo radicale anticonformismo. Nella seconda parte del film la dimensione psicopatologica diventa la vera protagonista insieme alla moglie di Nash (Connelly), una donna bellissima e devota. Confezione impeccabile, accenti sentimentalistici, recitazione da Oscar e fluidità del racconto danno spessore ad un film che contribuisce ad alimentare lo stereotipo del matematico, mezzo genio, mezzo folle, in una rappresentazione nient'affatto aderente alla realtà e al personaggio meschino che è Nash nella realtà.
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