Regia di Marco D'Amore vedi scheda film
Giordano Fonte, scrittore napoletano, senza un apparente motivo torna nella città d'origine dopo molti anni di assenza. La città che da sempre lo terrorizza ha nei suoi confronti una fascinazione mistica, resa ancora più profonda da Caracas quarantenne militante di estrema destra con cui Giordano stringe una profonda amicizia che lo condurrà nei meandri oscuri della sua amata e odiata città.
Chi è davvero Caracas? Un amico leale, un personaggio immaginario o la personificazione della speranza? È l’unica, costante, domanda che per tutto il tempo mi sono posta e a cui non sono riuscita a dare una risposta. Chi è davvero Caracas? Cosa rappresenta?
Bisognerebbe chiederlo a Marco D’Amore che dirige un’opera che dovrebbe essere artistica ma che finisce per essere contorta e confusa. Bisognerebbe leggere Napoli ferrovia, il romanzo di Ermanno Rea a cui il film si ispira per capirne, forse, di più; eppure ciò non era stato necessario nelle altre trasposizioni cinematografiche, per mano di altri registi, delle sue opere letterarie. Quindi viene da chiedersi se l’interpretazione che D’Amore ci presenta non siadi carattere troppo personale e per questo poco comprensibile e altrettanto poco appetibile.
Tutto l’interesse manifesto per la pellicola si basa sul “dove vuole andare a parare?” e tutta una serie di domande a cui ahinoi non riceveremo mai una risposta; tutto lo svolgimento si basa su presagi, su interpretazioni e ogni volta che si intuisce una possibile chiave di lettura questa viene prontamente smentita da un accadimento che ne annulla le intenzioni fino all’epilogo, tragico, poco esplicativo ed eccessivamente ancorato a convinzioni mai completamente espresse tanto che alla comparsa dei titoli di coda ho esclamato: “Io non ho capito nulla”.
Anche la presenza di Toni Servillo che interpreta Giordano Fonte, personaggio che sembra essere (il condizionale è d’obbligo, credetemi!) ancora più centrale dello stesso Caracas, non riesce a salvare la deriva del film che seppur servendosi di inquadrature interessanti, caratterizzate da un buon utilizzo della fotografia, e intenzioni narrative che inizialmente sembrano notevoli, si perde in un baratro di personaggi e situazioni che compaiono e scompaiono in modo, almeno percettivamente, confusionario. Che gran peccato!
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