Regia di Paolo Heusch, Brunello Rondi vedi scheda film
Un asciutto realismo si sostituisce alla cruda poesia pasoliniana. L'atmosfera è quella di una storia postmoderna, popolata da un'umanità stanca, che si aggira amareggiata e inespressiva tra le architetture fossili di una civiltà metropolitana ormai priva di forza e di significato. I palazzi, le chiese e gli ospedali si stagliano sullo sfondo della campagna, i treni e le automobili passano, fendendo il panorama, ma l'unica potenza viva è quella di un'aggressività ancestrale e distruttrice, che divora l'individuo da fuori e da dentro. La società di fatto non esiste, perché in "Una vita violenta" non c'è confronto né aggregazione, ma solo un desiderio di conquista che divampa e acceca. Il film di Heusch e Rondi predilige, alla solita, rassicurante patina autoriale, un bassorilievo dai contorni aguzzi, che nulla concede al colore popolare, né al nobile lirismo del dolore.
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