Regia di David Mamet vedi scheda film
Un bel film, scritto con sapiente cura e condotto con egual professionalità. Il suo maggior pregio credo stia nell'essere riuscito ad architettare una struttura complessa, a incastro, senza mai restarne prigioniero. L'intreccio è un susseguirsi d'imbrogli, nel doppio gioco e nel doppio fine. Ogni volta in cui la conclusione pare essere stata raggiunta, infatti, ecco una nuova rivelazione a ribaltare il tutto, aprendo nuovi fronti e prospettive. Tanto per intenderci, lo stile è quello delle scatole cinesi o delle matrioska russe: non si è mai certi se i personaggi siano sinceri oppure se stiano fingendo e la "partita" s'aggrava progressivamente, per acume, rischio e prezzo.
Ciascuna svolta nella trama è una sorpresa e trova impreparati gli astanti, casomai eccetto il solo ultimo colpo di scena. Forse perché presto o tardi, colto il meccanismo ed entrati nelle sue logiche, dovrebbe divenire più semplice intuirne l'esito conseguente. Non l'unico epilogo possibile, ma il più probabile sì. E così è, appunto.
Altro innegabile contributo nel motivare l'interesse è il cast di grande rispetto. Ai veterani e notori Gene Hackman (Joe Moore) e Danny DeVito (Mickey Bergman), ovviamente al top, si affianca una squadra di degni comprimari d'eccezione, incarnati da Rebecca Pidgeon (Fran Moore), Sam Rockwell (Jimmy Silk), Delroy Lindo (Bobby Blane) e Ricky Jay (Don "Pinky" Pincus).
Avvincente, ritmato, intelligente, ironico, a tratti persino con una punta di dramma, vanta i giusti ingredienti per un lavoro di successo. Concludo con le parole di David Mamet, a mio avviso illuminanti nel descrivere la sua stessa opera. «[...] a Hollywood c'è sempre il sole [...], però vi sono stati ambientati alcuni dei film noir che più mi piacciono... "Heist" è una storia in cui i rapporti tra i protagonisti sono intrisi di violenza e per questo è una buona metafora dell'America: il vero mito americano è la violenza. [...] Questo film affronta i temi della lealtà, degli equivoci dei rapporti umani. Tutti tradiscono tutti, ma sognano la fuga e nuove vite».
Joe Moore è un ladro che ha una splendida moglie, crediti abbondanti e un lavoro che ama. I suoi guai iniziano quando viene ripreso da una telecamera di sicurezza. Il suo ricettatore, Bergman, si rifiuta di pagargli quanto gli deve e sua moglie forse lo tradisce con il nipote di Bergman. Per quest'ultimo Moore è costretto a impegnarsi con la sua banda per un ultimo grande colpo. A chi credere? Chi tradire? Si lotta per l'oro o per l'amore? Per amore dell'oro.
Niente, perché così è già apprezzabile.
Avendo egli curato direzione, soggetto e sceneggiatura, onore al merito. Non vi sono ragioni di critica.
Joe Moore. Perfetto, come sempre. Ha il dono della naturalezza, quando interpreta un duro sornione.
Fran Moore. Non male. Dimostra di aver meritato il ruolo affidatole dal marito/regista.
Jimmy Silk, nipote di Bergman. In generale è sottovalutato. Regge assai bene la parte.
Bobby Blane. Molto buono. Una riuscita caratterizzazione.
Il ricettatore Mickey Bergman. Ottimo. Ha ormai il pilota automatico in simili situazioni.
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