Regia di Paolo Genovese, Luca Miniero vedi scheda film
All’origine c’è un corto, dallo stesso titolo. Ma all’origine c’è anche l’Italia di oggi, che qualcuno vorrebbe dividere nel nome di grotteschi progetti etnico-politici. All’origine c’è un’antica dicotomia che il cinema ha raccontato molte volte, e in modo spesso mirabile (una scena per tutte: l’arrivo di Totò e Peppino alla stazione Centrale di Milano, in “Totò Peppino e la malafemmina”). Napoli contro Milano? A vedere “Incantesimo napoletano”, verrebbe da dire: Napoli & Milano, una dentro l’altra, due metropoli fatte per sfidarsi e per sfottersi, ma forse più simili di quanto entrambe sospettino. Per questo funziona, “Incantesimo napoletano”: lo spunto surreale – una bimba nata a Napoli, da genitori napoletani, che fin da neonata parla milanese e vuole nutrirsi a risotto e panettone – è infatti accettato, dai personaggi e da noi spettatori, in maniera fluida. La trovata è geniale (non c’è altro aggettivo), il resto è sviluppo delle gag, e qui si torna all’origine: il corto fa capolino e impedisce al film vero e proprio di crescere come si vorrebbe. Ci voleva, dopo un’ora di racconto, un’altra idea geniale quanto la prima. Accontentiamoci: il film è delizioso anche così e i due interpreti, Marina Confalone e Gianni Ferreri, sono strepitosi.
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