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Cuckoo

Regia di Tilman Singer vedi scheda film

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La recensione su Cuckoo

di mck
7 stelle

“That’s a fucking weird way to put it!”

 

Summer of Fear 2024:
- “LongLegs”, scritto e diretto da Osgood “Oz” Perkins;

- “Starve Acre”, scritto e diretto da Daniel Kokotajlo;
- “Cuckoo”, scritto e diretto da Tilman Singer;
- “Strange Darling”, scritto e diretto da JT Mollner.

 

 

Anche nel caso di questo “Cuckoo”, l’opera seconda di Tilman Singer – un Warm-Up (con sacche vocali) to Kill – dopo l’esordio di “Luz” d’un lustro fa, quel che conta e ciò su cui regge l’attenzione dello spettatore, così com’è per gli altrettanto recenti “LongLegs” e “Starve Acre”, più che la storia in sé – qui, al contrario che nei film di Perkins e Kokotajlo, fanta-(pseudo/para)-“scientifica” e non fantasy – è una “qual certa” atmosfera e costruzione d’ambiente – nel caso in questione à la “A Cure for Wellness” (Verbinski & Haythe, 2016) e “SelvMordsTuristen” (Arnby & Birch, 2019), il tutto pervaso da una vaga atemporalità à la “It Follows” (Mitchell, 2014) caratterizzata da automobili e walkman anni ‘80 e ‘90 e da smartphone anni ‘10 e ‘20 – con la punteggiatura di alcune invenzioni tecnico-visive, soprattutto l’uso sintattico di brevi e reiterate analessi semi-sovrapposte, manifestazioni fisiche del potere ipnotico delle ugole “aliene”.

 


Buona prova della protagonista Hunter Schafer (classe 1998: “Euphoria”, “Kinds of Kindness”, “Mother Mary”, “Blade Runner 2099”), che guida la squadra composta da un Dan Stevens (“Downton Abbey”, “Legion”, “Her Smell”, “Lucy in the Sky”, “the Rental”, e qui impegnato a zufolare in un flauto di Pan come neanche un ispirato - oppio, canapa, cicoria? - Alessandro Giuli in arvale terra etrusca), un Marton Csokas (“Kingdom of Heaven”, “Loving”, “the Last Duel”, “Chevalier”), una Jessica Henwick (“Game of Thrones”, “UnderWater”, “Love and Monsters”, “Glass Onion: A Knives Out Mystery”, “the Royal Hotel”, “Huntington”) e un Jan Bluthardt un bel po’ spaesati e dalle convincenti prove di Àstrid Bergès-Frisbey (“I Origins”, “Alaska”) e Greta Fernández (“Elisa y Marcela”).

 

 

Fotografia di Paul Faltz, montaggio di Terel Gibson & Philipp Thomas e musiche di Simon Waskow, con la progressione di uno dei climax d’azione principali che si dipana sulle note di Totò Savio, le parole di Paolo Amerigo Cassella e la voce di Loretta Goggi in “il Mio Prossimo Amore” (siamo pur sempre nello sprofondo tedesco delle Alpi Bavaresi, eh). Co-produzione/distribuzione: Neon.

Photo-No-Spoiler #1: Vocalize to Implant.        

 

Photo-No-Spoiler #2: “That’s a fucking weird way to put it!”          

 

Comunque il vero cripto-zoo/antropologico film su Homo cuculiformes & C. rimane “Vivarium” (2019) di Lorcan Finnegan.

* * * ¼ - 6.50   

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