Regia di Patxi Amezcua vedi scheda film
“¡Hostia!”
“Infiesto”, il cui etimo ha poco a che vedere e a che fare tanto con “infetto/infestato” quanto con “infausto” (eppure…), scritto e diretto da Patxi Amezcua (“25 Kilates”, “Séptimo”) e ben interpretato da Isak Férriz e Iria del Río per i ruoli principali e da Juan Fernández, Antonio Buíl e Luis Zahera per quelli secondari, potrebbe essere considerato, senza tema di smentita, come un esemplare (aggettivo – sostantivo) esemplare di sceneggiatura e messa in scena campione, un cliché/matrice/prototipo/stereotipo conservato sotto a una teca in vetro in un qualche museo o studio cinematografico e pronto per essere utilizzato per la realizzazione di un qualsiasi “classico” poliziesco di provincia: e qui sta tanto la sua forza quanto il suo limite.
Due cose che si scoprono assistendo al film:
- gli asturiani bestemmiano peggio che i veneti al settordicesimo spritz (anche se il loro “¡Hostia!” è forse più assimilabile al “¡Fucking God!” anglo-americano piuttosto che al nostro “¡Germano Mosconi!”)
- le zone interne delle Asturie (clima atlantico) ricordano il Canavese più aspro e selvatico e le Prealpi Orobiche tra il Serio e il Brembo (clima continentale), non solo geomorfologicamente e per fasce vegetazionali, ma proprio anche per le caratteristiche dell’inurbazione (orizzonti, gallerie, industrializzazione). E un pochetto pure gli Ozark, toh.
Fotografia di Josu Inchaustegui, montaggio di Lucas Nolla e musiche di Sergio Moure. Distribuisce Netflix.
Molto belle la costruzione della gestione dell’utilizzo delle mascherine sul finir dell’inverno e l’inizio della primavera del 2020, ai tempi del primo confinamento/lockdown duro semi-cosmopolita, e la sequenza della discesa in ascensore con trazione a frizione nel ventre della miniera. Per il resto: una sufficienza conquistata a fatica, vale a dire, al contempo, con troppa, estrema facilità.
(**¾) ***
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