Regia di Robert Martin (Mario Bianchi) vedi scheda film
Una tranquilla famigliola - padre, madre e due figli - arriva nella villetta di campagna della zia Marta. Della donna si sa poco o niente; il padre però tiene nascosto il fatto che, squilibrata mentale, la zia ha trascorso gli ultimi 30 anni in un manicomio. In breve tempo scorre il sangue.
Fra gli anni Settanta e gli Ottanta Mario Bianchi, figlio di un altro regista di serie B, Roberto Bianchi Montero, diresse pellicole 'di genere', a basso costo e tanta inventiva, con una media superiore a quella di un titolo all'anno. Era un periodo ancora florido, ma di lento declino per il cinema italiano; lavori come Non aver paura della zia Marta ("aver" sui titoli di testa, "avere" sulla locandina!) testimoniano tale percorso sulla china discendente con evidente efficacia. Gabriele Tinti, Maurice Poli, Adriana Russo e Jessica Moore (cioè Luciana Ottaviani) sono i nomi più importanti sul cartellone: poco per cui esaltarsi, ma la pecca di fondo della pellicola risiede naturalmente nella prevedibile banalità della trama (sceneggiatura dello stesso regista) e nella messa in scena pressappochista. Non miserrima: solo trasandata, fra accenni di erotismo poco convincenti e tentativi splatter già meglio assestati. Il sottesto psicologico è disastroso, praticamente vacuo. Da qualche tempo Bianchi aveva intrapreso una strada artistica più redditizia, che ne contraddistinguerà la futura carriera: la pornografia. Da non confondersi con l'omonimo e contemporaneo regista televisivo, a lungo collaboratore di Mike Bongiorno. 2,5/10.
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