Regia di Robert Bresson vedi scheda film
Il denaro come agente infettante dall’effetto universale ed immediato: il germe colpisce ognuno a suo modo, chi in maniera acuta, chi in maniera cronica, ma il danno è comunque permanente. Non è l’occasione a rendere l’uomo ladro, bensì la sua innata inclinazione a misurare tutto con la moneta, che diventa il principale criterio regolatore dei rapporti personali, nel bene come nel male: è il tratto distintivo della superiorità e del potere, il premio per l’obbedienza servile, ma anche il segno della generosità e della riconoscenza. Il suo valore è puramente nominale – tant’è vero che è difficile distinguere una banconota vera da una falsa – e non si riesce mai a trasformarlo in nulla di concreto, ma solo nel dispiacere di averlo perso o nella voglia di procurarsene dell’altro. La reazione a catena è inarrestabile e corrisponde, nel destino individuale, ad un dramma seriale in cui una disgrazia tira l’altra. A rovinarci è la nostra schiavitù all’irresistibile richiamo dell’argent, che ci fa perdere di vista la nostra umanità, indirizzandoci verso scelte insensate e catastrofiche. A Bresson piace l’idea dell’individuo dall’anima incatenata che è, nel contempo, vittima e carnefice di se stesso, perché incapace di rispondere delle proprie azioni. C’è un’entità che lo dirige al di là del mondo apparente; può chiamarsi dio, destino o vocazione, ed è tale da far risultare tutti ugualmente colpevoli ed innocenti e quindi ingiudicabili.Tuttavia la condanna, sottratta alla giurisdizione della morale, rimane insita nella realtà dei fatti: qualunque cosa ci domini da fuori ha, su di noi, il terribile potere di alienarci dalla nostra stessa vita.
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