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Diabolik - Chi sei?

Regia di Antonio Manetti, Marco Manetti vedi scheda film

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La recensione su Diabolik - Chi sei?

di Marco Poggi
6 stelle

Al terzo film su Diabolik, i Manetti Bros. calano l'asso delle origini dell'anti eroe e, in un certo senso, vincono. Il film sembra un albo a fumetti in live action, mescolato agli sceneggiati Tv anni'70, e proprio questa matrice troppo televisiva è il limite di questa pellicola dai colori algidi, coi camei delle nobildonne Bellucci e Bouchet.

Catturati da cinque delinquenti da strapazzo (in effetti, sono davvero tristi, sia nel look che nelle battute), Diabolik e Ginko si ritrovano faccia a faccia nella stessa cella e il primo racconta al secondo la sua storia. Al terzo film su Diabolik, i Manetti Bros., ispirati all'omonimo albo, che porta lo stesso titolo della pellicola, calano l'asso delle origini dell'anti eroe e, in un certo senso, vincono (mossa prevedibile, però, visto che il primo era un film su Eva Kant e il secondo sull'ispettore Ginko). Il film sembra in effetti un albo a fumetti in live action, mescolato al ritmo degli sceneggiati Tv della anni' 70 (aggiungiamoci anche quella sensazione di vedere praticamente un qualcosa, simil "VALENTINA", con Demetra Hampton - c'è persino una ballerina di night club che si spoglia nuda, come quel telefilm del 1989, tratto dai fumetti di Guido Crepax -), da cui si prende spunto anche per i vestiti e nelle atmosfere (benché il film manchi di quel pepe, che registi come Lenzi e di Leo, garantivano nei loro poliziotteschi anni'70). Finalmente, ci sono più scene per Monica Bellucci, che convince maggiormente come contessa Altea (l'unica che si permette tacchi alti 12 centimetri e tubini, che stonano con i vestiti delle donne, tutte rigorosamente anni'70, Eva Kant compresa), nonostante il suo accento italo-francese, mentre Miriam Leone resta una garanzia, come Eva, che, pur apparendo in indumenti intimi in certe scene, non scade mai nello stereotipo della prostituta di Marisa Mell, che notava nel vecchio DK di Bava (come anche Valerio Mastandrea come Ginko, benché l'ispettore continuo immaginarmerlo con un altra voce, che non è quella di Valerio). Giacomo Giannotti è un Diabolik troppo muscolo e belloccio, per funzionare davvero, meglio la sua versione ventenne, impersonata da Lorenzo Zurzolo, che duetta benino con il King di Paolo Calabresi (che con la sua barba sale e pepe ricorda il Christopher Lee degli ultimi anni, ma anche della saga del conte Dracula anni'50-60), in quei fashback, girati in bianco e nero, centelliati durante il corso della seconda parte del film (una trovata non così vincente come si pensa, benché si crede che si interrompere la narrazione per vedere cosa stanno facendo Altea e Eva). Non male, dopotutto, anche se resta da chiedersi a chi sia indfirizzato questo film e i precedenti due, perché non è convicere i lettori di Diabolik, che resteranno soddisfatti nel guardarlo, perché ciò che si vede è ciò che si legge da oltre sessant'anni, ma i curiosi, che spostano il loro interesse altrove, dove tutto è più frenetico e cinematografico (ciò che manca a questa pellicola). Da ricordare il cameo di Barbara Bouchet, nei panni di un'altra ricca nobildonna da derubare, stile Altea della Bellucci, e la Jaguar dai 1000 trucchi. In sostanza, un film su Diabolik, dove Dk continua a lasciare molto spazio alle donne, specie nelle poche scene d'azione, con protagonista Miriam Leone. Manca di cinematograficità, perché questa, come ho già detto, è al massimo televisione vintage. Recitazione eccessivamente sussurrata, con attori noti che restano freddi nei loro ruoli,  manco fossero dei cosplyer da fiera del fumetto, complice le scenografie fredde e buie che li circondano. Quanto ai personaggi di cointorno, poi, sono inutilmente finti e ciò spiace. La sufficienza, però, il film se la merita, perché resta il migliore del trio, ma il vero cinema, ripeto, è altrove. 

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