Regia di Antonio Manetti, Marco Manetti vedi scheda film
Mai viste tante auto d’epoca tutte insieme. Autentici pezzi rari per una ricostruzione dei “seventies” impeccabile e certosina ad ogni inquadratura. Si chiude la trilogia “diabolika” dei Manetti Bros. e diciamo subito che questa, senza ombra di dubbio, è la migliore pellicola delle tre. Sale la suspence, le scene di azione sono concitate e numerose, la recitazione appare meno ingessata, più intensa da parte di tutti i comprimari. Perfino la Bellucci, di solito inascoltabile, qui ha un ruolo di spicco nel quale riesce a dare spessore al suo personaggio. I protagonisti sembrano calarsi con maggiore intensità nei ruoli che interpretano a partire da Giannotti qui meno evanescente, fino al Ginko di Mastandrea mantenuto ad alti livelli lungo tutto l’arco del progetto e, dunque, il personaggio più umano, verosimile e carismatico della trilogia. Esistono alcune chicche: l’incipit quasi argentiano, la scena di spogliarello, l’esecuzione di Palmer, il faccia a faccia Ginko/Diabolik, il finale liberatorio.
Passando ai difetti, occorre riallacciarsi a tutta la cifra stilistica che ha accompagnato la trilogia: una recitazione fatta di stereotipi; una certa ingenuità di fondo in alcune scene (qui quella inverosimile dell’inseguimento, con tutti i veicoli a pochi metri uno dall’altro in una strada vuota); l’evidente povertà di mezzi al di là delle ricostruzioni e dell’oggettistica rigorosamente vintage; la mancanza di elettricità e passione tra Diabolik ed Eva (comunque presente, anche se in maniera velata nel fumetto).
Una trilogia non per tutti, esecrata dagli amanti dei trip adrenalinici ma apprezzata, oltre che dai fan del fumetto, anche da coloro che stimano e rivalutano un modo più antico,elegante e artigianale di fare cinema.
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