Regia di Peter Jackson vedi scheda film
Primo film tratto dal capolavoro Il Signore degli Anelli, pubblicato da J.R.R. Tolkien tra il 1954 e il 1955, è a mio insindacabile giudizio il migliore in qualità (e inoltre di tutti il più fedele e rispettoso della fonte, pur nell'infedeltà) dei tre capitoli filmati da Peter Jackson. Mi preme ricordare subito che non si tratta di una trilogia, ma di un'unica narrazione spezzata in tre parti, soltanto per comprensibili ragioni di lunghezza. A La Compagnia dell'Anello (2001), infatti, seguono nell'ordine Le Due Torri (2002) e Il Ritorno del Re (2003), da fruire rigorosamente secondo la sequenza delle date d'uscita.
Rientra tra i miei preferiti, in quanto a sorpresa capace di restituire in immagini la meraviglia della Terra di Mezzo, che non è altro se non il mondo in cui noi stessi viviamo, ma ambientato in un tempo remoto, quello sì di fantasia. Ovviamente il libro è decisamente più ricco e il materiale originale è purtroppo sovente tagliato, semplificato, condensato o (peggio) rielaborato. Tuttavia è un rischio ben noto, se non addirittura un dato di fatto, di qualsiasi trasposizione. E, comunque, quando desidero la "vera" opera La Compagnia dell'Anello, posso sempre rileggermela, un piacere che nessun regista potrà mai negare ad alcuno.
Il risultato non poteva non essere eccezionale, se ben sfruttato lo straordinario materiale di partenza. Sorvolerò sui "tradimenti" nei suoi confronti, sia perché argomento tedioso per la maggioranza sia perché costituirebbe spoiler sia perché ormai mi sono arreso all'idea. Analisi lunga e inadatta a questo luogo, per chi desiderasse approfondirla esistono sedi interamente dedicate allo scopo.
I personaggi sono iconici ed è immediato entrare spontaneamente in sintonia con loro. Molti volti paiono uscire direttamente dalle pagine e questo è certamente un merito degli attori (e di chi li scelse), almeno Ian McKellen (Gandalf), Viggo Mortensen (Aragorn), Cate Blanchett (Galadriel), John Rhys-Davies (Gimli), Christopher Lee (Saruman) e Ian Holm (Bilbo Baggins), i quali riescono a calarsi fisicamente nel ruolo in maniera impeccabile.
La storia e i dialoghi attingono in gran parte e devono il loro valore alla profondità del genio di Tolkien. Ci si appassiona, ci s'incanta con stupore, si ride e si piange; ogni volta che si riguarda si scoprono dettagli nuovi. Laddove si riscontrano i (per fortuna limitati) difetti, banalità o errori malauguratamente presenti, sovente accade in corrispondenza delle divergenze dal testo originale. Difficile sia una mera coincidenza. Preferibile sarebbe stato, allora, non improvvisarsi scrittori o inventare e attenersi invece alle splendide risoluzioni della fonte cartacea. O in alternativa affidarsi altrimenti, per la stesura della sceneggiatura, a menti di diversa sensibilità. Pazienza.
Tecnicamente la Weta in Nuova Zelanda è all'avanguardia, c'è poco da dire. I tempi erano maturi affinché gli effetti speciali fossero in grado di rendere credibile e realistico un racconto altrimenti fallito in partenza, se presentato in maniera ridicola da un impatto visivo non all'altezza. Nessun dubbio in questo senso: luoghi, costumi e creature sono letteralmente da sogno. Tutti i premi e i riconoscimenti in tale campo furono ampiamente guadagnati. Così come memorabile è la suggestione creata dalla colonna sonora di Howard Shore. Talmente straordinaria da originare una vera e propria Sinfonia replicata in tutto il mondo.
Film promosso pertanto a pieni voti. Ne consiglio la superlativa edizione estesa, che aggiunge circa 30 minuti di (preziose) scene in più. Di tutte e tre le parti, La Compagnia dell'Anello è quella che se ne avvantaggia in misura maggiore, con integrazioni affatto forzose, anzi. Rendono l'insieme ancor più gradevole, coerente, equilibrato e ricco, a mio avviso conseguendo una qualità superiore, se confrontato con la rispettiva versione cinematografica.
Sull'onda del successo, un decennio dopo arriva pure l'adattamento basato su Lo Hobbit, romanzo fiabesco del 1937 (quindi scritto per primo: Il Signore degli Anelli ne fu il corposo ed epico seguito), sempre di J.R.R. Tolkien. Anch'esso è tripartito per il grande schermo in Lo Hobbit - Un Viaggio Inaspettato (2012), Lo Hobbit - La Desolazione di Smaug (2013) e Lo Hobbit - La Battaglia delle Cinque Armate (2014).
Terza Era della Terra di Mezzo. Un giovane Hobbit, Frodo Baggins, eredita un anello d'oro che rende invisibile chi lo indossa. Come scopre il Mago Gandalf il Grigio, non si tratta di un "semplice" anello magico, bensì dell'Unico Anello, un oggetto malvagio forgiato dall'Oscuro Signore Sauron per soggiogare il mondo. Braccato dai più temibili servi del Nemico, i Nazgûl, Frodo è costretto a lasciare la Contea. Un gruppo di Hobbit lo accompagna e, strada facendo, riceverà l'aiuto di Uomini, Elfi e Nani.
Il film de Il Signore degli Anelli costituisce la sua magnum opus. Abile nel ricreare le atmosfere della Terra di Mezzo, la sua coraggiosa sfida può essere considerata vinta, nonostante i difetti che si possono riassumere nella prolissità e nel cattivo gusto tipici del suo stile, sebbene qui moderati.
Bravo per essere un così giovane Hobbit (un po' troppo per Frodo Baggins, in effetti).
Un convinto Samvise Gamgee.
Ormai Sir Ian McKellen è il saggio Mago Gandalf il Grigio. Magistrale.
Un Aragorn sorprendente e convincente. Sebbene la sua storia diverga dall'originale.
Sublime nelle candide vesti di Dama Galadriel. Incantevole e di vero talento, come sempre.
Diciamo che ha il physique du rôle per l'Elfo Legolas.
Si presta a un Gimli figlio di Glóin diverso da quello cartaceo, ma nel film pare funzionare.
Il Boromir del libro è forse migliore, ma non è colpa dell'attore (anzi!). Bella la sua ultima scena.
Non rispecchia alla perfezione Elrond Mezzelfo, però la causa non è sua.
Non così incisiva, ma accettabile interpretazione di Arwen Undómiel.
Ci restituisce un Saruman con il giusto carisma del capo dell'Ordine degli Istari.
Perfettamente calato nei panni del signor Bilbo Baggins.
Peregrino Tuc di nome e di fatto.
Un Meriadoc Brandibuck sinceramente impegnato.
Breve apparizione nelle vesti di Sire Celeborn.
Non ci sono parole per esprimere l'indimenticabile opera di Howard Shore. Vive di vita propria e può benissimo essere (ri)ascoltata in separata sede, senza perdere fascino per la mancanza del supporto delle immagini. Anzi, forse acquista ancor più valore, soprattutto quando viene fruita nella sua edizione denominata The Lord of the Rings: The Complete Recordings! La Terra di Mezzo tradotta in musica. Oscar meritato di diritto.
Degna di nota è la partecipazione della celestiale Enya, la quale presta la sua meravigliosa voce in due contributi: Aníron, per la scena sul ponte di Imladris, e May It Be, durante i titoli di coda.
Avrei trasposto con rispetto il libro Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, anche con sei o più film, se necessario. Ma io non sono un regista e comprendo la legittima scelta di Peter Jackson di realizzarne una propria interpretazione.
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