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White Plastic Sky

Regia di Tibor Bánóczki, Sarolta Szabó vedi scheda film

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La recensione su White Plastic Sky

di alan smithee
4 stelle

locandina

White Plastic Sky (2023): locandina

TFF 41 - CONCORSO

Ci troviamo in un futuro tutt'altro che distopico: tra cent'anni, ovvero nel 2123, la Terra sarà una terra desolata, completamente bruciata da raggi radioattivi che hanno annientato sia flora sia fauna.

La gente si protegge in città racchiuse in cupole protettive, e una di queste si trova a Budapest, teatro della vicenda. Scarseggiano sempre più risorse naturali, anche se l'acqua persiste in abbondanza, assurgendo a bene più prezioso che consente ai superstiti un ciclo vitale lungo in media cinquant'anni, grazie ad un procedimento che, attraverso un seme, li trasformerà in alberi presso laboratori specializzati, come quello sito nella cosiddetta Piantagione, situata in prossimità di quello che un tempo fu il Lago Balaton.

 

scena

White Plastic Sky (2023): scena

scena

White Plastic Sky (2023): scena

Protagonista della vicenda è lo psichiatra 28enne Stefan, la cui moglie trentenne Nora si offre volontaria per l'impianto del seme, consegnando prematuramente il suo corpo a favore della città alla giovane età di poco più di trent'anni.

Le ragioni di questa scelta eroica e sacrificale si scopriranno legate ad un aborto che la donna non è più riuscita ad elaborare in modo positivo, perdendo ogni stimolo verso un'esistenza già dura in un pianeta divenuto ostile e pressoché impossibile da vivere senza le opportune precauzioni.

Il film della coppia di registi Tibor Bánóczki e Sarolta Szabò ha dalla sua un fascino iniziale che attanaglia alla visione almeno per il primo quarto d'ora.

 

scena

White Plastic Sky (2023): scena

scena

White Plastic Sky (2023): scena

La tecnica di animazione, che riunisce la più elaborata tecnica 3D alla tradizionale tecnica dei fotogrammi combinati, dà ottimi risultati in termini di definizione, ma lo sviluppo anche complesso della vicenda perde velocemente il suo pathos, anche per l'incapacità dello script di creare personaggi realmente empatici, a cui chi guarda possa legarsi almeno giusto il tempo di una visione.

Pertanto tutto appare tecnicamente impeccabile, ma anche freddo e incapace di regalare al una emozione che riesca ad andare oltre al primo impatto visivo.

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