Regia di Rolf de Heer vedi scheda film
CINEMA OLTRECONFINE
Le gabbie e le prigionie sono concetti prima di tutto fisici, materiali, che creano impedimenti oggettivi e spesso non lasciano scampo a chi ne subisce la pressione ed il vincolo.
Ma la mente umana, a volte, nemmeno troppo di rado, crea barriere e vincoli come risposta ad una forma di protezione e sopravvivenza del singolo, utili a a far si che la persona interessata non finisca per peggiorare la propria già compromessa situazione.
Una nativa aborigena si ritrova ingabbiata entro una struttura chiusa ermeticamente da inferriate invalicabili, caricata su un carrello che un furgone guidato da uomini che indossano perennemente maschere a gas, trasporta in mezzo al deserto, ove viene abbandonata, destinata a morte sicura.
Il caldo del giorno e il freddo notturno non lasciano scampo, ma la donna riesce a trovare un punto nevralgico in grado di non condannarla alla consunzione e ad essere divorata da uno sciame di formiche affamate.
Ma il mondo che sta fuori è davvero un luogo migliore e più ospitale di quella famigerata gabbia?
Il viaggio allucinato della mite ma intraprendente aborigena non farà che mettere in dubbio questa circostanza. Torna in regia l'interessante e versatile, quasi sempre inquietante regista olandese naturalizzato australiano Rolf De Heer, balzato alla notorietà con l'ostico ed apocalittico Bad Boy Bubby, risalente al 1993.
E proprio a questo film inquietante, spiazzante, distopico e malato questa sua ultima fatica, presentata in Concorso alla Berlinale 2023 poco meno di un anno orsono, si ricollega, nel rappresentare i sintomi di un mondo devastato da una sciagura molto grave, di cui si intuisce la presenza, senza tuttavia riuscire a chiarire nei dettagli almeno generali, la specifica dinamica.
La protagonista aguzza l'ingegno e trova il modo di fuggire dalla prigionia, ma scopre che tutto attorno le atrocità sono ben peggiori che finire di stenti bloccata in una gabbia cotta dal sole gelata dalle tenebre. The survival of kindness, titolo che allude a qualcosa di positivo, ma lascia davvero poche speranze nel suo finale spiazzante e senza uscita in un contesto distopico che, per certi versi, può ricordare i devasti apocalittici alla Mad Max, segna il ritorno in gran forma di un regista che non segue mode o tendenze, ma prosegue il suo viaggio artistico seguendo con rigore gli stimoli che provengono dalla propria aspirazione, riuscendo quasi sempre a rivelarsi stordente e ispiratore di torvi ma ispiratissimi pensieri.
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