Regia di Nicolas Philibert vedi scheda film
Orso d'Oro non proprio scontato al Festival di Berlino 2023, il nuovo documentario di Nicolas Philibert, regista noto alle nostre latitudini quasi unicamente per il lodevole Essere e Avere (2002), e primo capitolo di una trilogia dedicata ai pazienti in cura a seguito di disturbi mentali (seguono Averroès et Rosa Park e La machine à écrire et autres sources de tracas, entrambi del 2024), ritrae la vita quotidiana trascorsa tra le placide acque entro cui è attraccato l'Adamant, battello-chiatta ristrutturato a puntino e trasformato in un singolare, anzi unico ed avveniristico centro diurno galleggiante adattato al trattamento di persone con disturbi mentali.
Situato sulle rive della Senna lungo il corso che attraversa Parigi, il battello ospita personaggi che, nella loro peculiarità, eccentricità e candore, diventano portavoci di una diversità travolgente che si trasforma in arte e in voglia di vivere senza doversi nascondere o vergognare.
Senza inutili enfasi, il documentario segue uno staff specializzato ed altamente professionale intento a gestire situazioni che loro stessi rifiutano di considerare al limite, trasformando la psichiatria in una branca della medicina dai risvolti prima di tutto umani, ancora prima di scientifici e medici.
Lo stile di Nicolas Philibert indaga senza invadere e coglie, non meno sorprendentemente di una Claire Simon, le sfumature umane più recondite ed la scintilla di genio misto a follia che rende muti ospiti dei personaggi che trovano enormi difficoltà di integrazione in una società che, nonostante gli sforzi, tende a mettere barriere dinanzi a tutti coloro che non si riescono ad uniformate a condotte o atteggiamenti considerati irrinunciabili per una convivenza civile.
Uno sguardo ironico, disincantato ma anche puntiglioso e preciso dell'apprezzato regista sonda comportamenti ed attitudini, e regala allo spettatore momenti di spontanea rappresentazione di stati d'animo e atteggiamenti che, pur eccentrici o talvolta sopra le righe, trovano una profonda giustificazione come via di fuga e rifugio da un mondo che, per quanto aperto e possibilista, si ritrova troppo spesso suo malgrado a classificare e ghettizzare chi non riesce nemmeno a dissimulare in comportamento coerente con quanto stabilisce una ideale quanto inutile etichetta di massa.
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