Regia di Nicolas Philibert vedi scheda film
A Parigi c’è una barca-zattera sulla Senna che è già in sé una scommessa: la costruzione di una comunità di persone affette da disturbi mentali, dove lo scambio e la dialettica tra pazienti, infermieri e responsabili siano più diretti e fuori dal tipico contesto clinico. Philibert entra in quel mondo scrutando i volti dei pazienti, indagando i curiosi meccanismi dei loro pensieri, interrogando la loro creatività. Per qualcuno può apparire invadente, ridicolizzante, exploitative; è d’altro canto tutto negli occhi dello spettatore, nelle sue reazioni e nelle sue aspettative. Philibert trova il trait d’union formale perfetto per combinare interviste e riprese dal vero delle riunioni e degli incontri dell’Adamant, ed è per questo in realtà molto lucido nel fare i suoi ritratti à la Géricault: sono praticamente tutti coscienti del loro stato di alienazione dal mondo, e in quel “gap” fra coscienza e incoscienza si agita tutta la brillantezza di queste psicologie fuori norma. E come sa fare solo un grande documentarista, Philibert riesce a creare delle immagini a sua volta, dialogando con le creazioni pittoriche e fotografiche dei protagonisti, arricchendo se stesso e lo spettatore.
Magari un po’ lungo, magari troppo affascinato dalle citazioni cinefile dei suoi protagonisti e magari a volte troppo poco asciutto per l’operazione che vuole essere, Sur l’Adamant si rivela comunque un’alternativa possibile allo sguardo documentario entomologico, benché la struttura del film non garantisca di fuoriuscire da una certa distanza troppo prudente. Lo rivela il dialogo finale, che lascia un briciolo di incertezza: un dottore che blocca l’entusiasmo di una paziente che vorrebbe creare un workshop di danza. Il dottore fa un discorso retorico per dire tutto il contrario di tutto, per ricordare che si tratta di un istituto, per ricordare che non si può superare un certo limite, ma per ammettere anche una bassa fiducia nei confronti dei suoi pazienti. Philibert si adegua a questo dubbio: quanto è lecito perdere il controllo? E nel caso, a quale scopo?
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