Regia di Christian Petzold vedi scheda film
Nel pastiche tragicomico del film, incombe l'ineluttabilità degli eventi e degli elementi; un meccanismo governato da un misterioso demiurgo che colora il cielo di fogge infuocate, che stringe il cerchio attorno a passioni e aspirazioni, che cova il destino di una vocazione letteraria che non può che attaccarsi disperatamente alla vita e all'amore.
Leon e Felix trovano la casa al mare dove si trasferiscono per l'Estate, già occupata dalla bella Nadja e dal suo occasionale amante Devid. I propositi artistici di Leon dovranno confrontarsi con le proprie insicurezze e con una repressa attrazione per la ragazza, in un crescendo di tensione e frustrazione su cui incombe minaccioso l'orizzonte infuocato di un incendio visto da lontano, ma che si fa ogni giorno sempre più vicino.
Il sacro fuoco dell'arte
Da sempre tentato dalle suggestioni simboliche di un cinema che vuole evocare, più che illustrare, il mistero insondabile dell'esistenza e la indecifrabilità delle relazioni umane, Petzold affronta i temi prosaici della vita (l'amore, la gelosia, l'egoismo, la passione, la morte) con gli strumenti di un cinema anti-realistico che introduce in modo più o meno velato gli elementi del fantastico nelle sue opere [per intenderci quelli dell'esitazione tra spiegazioni antitetiche da attribuire ad eventi controversi, come direbbe Todorov], che pure mantengono una loro precisa collocazione storica e una riconoscibile locazione geografica (siamo dalle parti del baltico tedesco).
Il secondo capitolo di una possibile trilogia degli elementi, dopo il capitolo equoreo di Undine, farebbe pensare al soggetto aereo del fuoco di questo secondo episodio, benché nessuno dei quattro elementi (ed i loro corrispettivi caratteriali che si riflettono nei quattro personaggi) sembra mancare all'appello, quasi a costituire una matrice scenografica con cui plasmare la materia incandescente delle passioni umane che si mescolano e si impastano in questo occasionale ed inaspettato redez-vous estivo. Tra citazioni letterarie (Uwe Johnson, ma soprattutto Heinrich Heine) la cifra allusiva dell'autore tedesco sembra stemperarsi nella prima parte (forse infiacchirsi) in una leggerezza rohmeriana di conversazioni e convivialità estive attorno al tavolo da pranzo, ma che pure mantengono vivo il fuoco di una tensione emotiva che troverà una sorte certo migliore nei momenti conclusivi della seconda parte. Eppure Petzold agisce sempre sottotraccia ed è in grado di rilanciare il suo discorso con un linguaggio visivo che si avvale come sempre di scenari e inaspettati eventi naturali (flocculazioni cineree, bioluminescenze algali, artiodattili in fiamme, orizzonti imporporati che non lasciano presagire nulla di buono), preparando il terreno per il precipitare finale degli eventi anche se con meno incisività (sembra un parere condiviso da molti) rispetto ad opere precedenti (Yella ma anche lo stesso Undine), laddove le movenze eteree della protagonista femminile sembrano emergere qui meno esplicitamente che altrove, nell'ambiguità civettuola di una Paula Beer che solo alla fine (è neanche in quella) mostra fino in fondo la sua vera natura (a scelta) di silfide dei boschi, sirena dei mari o musa delle arti. Il tema centrale è come sempre quello del difficile equilibrio che la figura maschile trova al cospetto di un ideale di donna che serva a traghettarlo verso la piena realizzazione dell'età adulta (la paternità nel film precedente, la maturità letteraria in questo), sottolineata dalla frustrazione (anche sessuale) del protagonista , che non riesce a conciliare la vita e l'arte, laddove la prima sembra necessaria per la vitalità della seconda e la seconda senza la prima si riduce a puro esercizio di stile.
Nel pastiche tragicomico del film (solo in apparenza lineare e banale, leggero e ironico) e sulla collezione apparentemente sbilanciata dei suoi personaggi (una femmina e tre maschi) incombe l'ineluttabilità degli eventi e degli elementi; un meccanismo governato da un misterioso demiurgo che colora il cielo di fogge infuocate, che stringe il cerchio attorno a passioni e aspirazioni che culminano nel climax finale in cui, sotto le ceneri di amanti 'neo-pompeiani' colti in un abbraccio mortale, cova il destino di una vocazione letteraria che non può che attaccarsi con tutte le proprie forze (quelle dell'editore in lotta contro il male, ma soprattutto quelle dello scrittore in conflitto con se stesso) all'amore ed alla vita. Orso d'argento, gran premio della giuria a Christian Petzold al Festival internazionale del cinema di Berlino 2023.
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