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Il mondo dietro di te

Regia di Sam Esmail vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il mondo dietro di te

di mck
8 stelle

The Plot Against America. (Kaputt Hill.)

 

 

No, Sam Esmail (esordiente scrivendo e dirigendo “Comet”, creatore/demiurgo di “Mr. Robot”, regista della 1ª stag. di “HomeComing” e co-produttore esecutivo di “Gaslit”, “Angelyne” e “the Resort”), non puoi iniziare un film facendo pronunciare, e pure male, a Julia Roberts, rivolgentesi a Ethan Hawke (moglie e marito nella finzione), l’imbarazzante frase “Questo è stato un anno infernale per noi, come ben sai”: ma come “come ben sai”? Ma chi cazz’è che parla così nella vita reale? Esatto: un inutile, sesquipedalico cacacazzo. In questo caso, collateralmente, una misantropa, ma non del tutto nichilista. E da questo PdV la scena è…

 


…giusta. Però, dicevo: non puoi, a prescindere, non puoi iniziare un film a questo modo. A meno che… a meno che… Di nuovo, esatto: a meno che tu non cambi immediatamente registro in chiusura di scena con un bel twist, non caratteriale, ma di tono e senso della scena stessa, facendo dimenticare allo spettatore quel “glitch” che disinnesca la sospensione dell’incredulità, e ci metti una postilla in sottotono e a contraltare quale “I fucking hate people”, accompagnata da “the Rev3nge” di Joey Bada$$ su questo ↓↓↓ bel...

 

 

...cartello ↑↑↑ qua.

 


Leave the World Behind”, commissionato da Netflix, dopo aver acquisito i diritti dell’omonimo romanzo di Rumaan Alam (“Rich and Pretty”, “That Kind of Mother”) del 2020, a Sam Esmail, che lo ha sceneggiato e co-prodotto con la stessa Julia Roberts e per l’appunto con, esecutivamente, i succitati Barak & Michelle Obama, è una soft-apocalypse che principia quindi nel solco del cinema mainstream-militante di Jordan Peele (“Get Out”, “Us”, “Nope”) per poi innestarsi e prosperare sulla falsariga di quello di Night M. Shyamalan (“Signs”, “the Happening”, “Knock at the Cabin”), con elmintiche venature middle-upper class da Bong Joon-ho (“Parasite”), senza scomodare il Michael Haneke di "Funny Games" e "WolfZeit": quel che non solo lo salva dall’esser “meramente” buono, ma lo premia pure aggiungendovi un bel “molto”, è la scorrevolezza, il ritmo, l’incedere dettato da qualche acuta idea tanto di script quanto di regìa: dopo i summenzionati titoli di testa, da segnalare...

 

 

...il naufragante arenarsi della – spoiler – petroliera spiaggiata, la nube rossa di – spoiler – volantini di contro-contro-disinformazione in stile “North by Northwest” + “Red Dawn” e lo schiantarsi sul litorale dell’ – spoiler – aereo di linea, la MdP che s’ostina ad attraversare i vetri (presumibilmente ricostruiti in CGI) delle finestre delle abitazioni e dei finestrini delle auto (e la memoria ritorna a quella celeberrima e proverbiale scena in “Children of Men”) per poi alla fine passare... per un buco.

 


Certo, la sceneggiatura (e probabilmente nel romanzo tutto ciò funziona meglio, chissà), per sviare l’appetito precognitore dello spettatore, apre troppe pretestuose strade, che a volte, spesso, rimangono senza uscita (mentre vari belvederi su Manhattan - o su Firenze - dalla provincia boscosa rimangono inutilizzati...

 

 

...dai personaggi - voluta o meno dal copione la manifestazione della totale incapacità di comprenderne la possibilità dell’esistenza - per capire cos’è che sta accadendo oltre-Hudson e Long/Block Island Sound) lasciando domande inevase lungo il percorso, ma soprattutto, in fondo, il film, tra fenicotteri herzog-sorrentiniani e simpsoniani cerbiatti...

 

 

...mannari, non è altro che un – post assalto al Congresso U.S.A. nel Campidoglio di Capitol Hill, Washington, D.C. – “documentario d’anticipazione” su quel che potrebbe accadere più o meno tre anni dopo quell’evento, ovvero all’incirca fra un anno da oggi… (Rimanendo in attesa del "Civil War" di Alex Garland, e con un pensiero a "the Second Civil War" di Joe Dante e Martyn Burke.)

 


Peccato in fine che la scena finale – e premesso che se mi ritrovassi nelle medesime condizioni con la collezione completa di “Buffy” e poco altro a disposizione dal PdV cinematografico potrei dare veramente di matto e iniziare a parteggiare per l’olocausto atomico, e sottolineando l’ovvia considerazione che l’improvvida coincidenza con la dolorosa dipartita di Matthew Perry è questione a parte e da non considerare in ambito critico – sia condizionata come facilmente intuibile, telefonata e chiamata da lontano, ma detto ciò riesce comunque a risultare ricca di empatia.

 


“Io me compravo i CD senza averci il lettore CD, e che ci facevo? Potevo compra’ le musicassette, però io volevo sentirla bene la musica.” - Antonio Rezza, da “Tintoria #186”.

 


So no one told you life was gonna be this way…
I'll be there for you!
(When the hard rain starts to pour.)

 


Julia Roberts, prologo a parte, piegato al didascalismo contrastato per esigenze di scrittura, non brilla eccessivamente, ma in parte è il ruolo che tende a consentirglielo poco; Ethan Hawke, per contro, ha un paio di scene madri, e le porta a casa senza strafare troppo; Mahershala Ali (“Treme”, “House of Cards”, “Green Book”, “True Detective 3”) gigioneggia giganteggiando; Myha’la Herrold (“Industry”, “Plan B”, “Bodies Bodies Bodies”, “Black Mirror: Loch Henry”) tiene quasi sempre testa al gruppo e anche Charlie Evans ci prova (col suo personaggio vittima di microonde e/o ultrasuoni à la Havana Syndrome), ma è Farrah Mackenzie (“Utopia US”, “United States of Al”) a costituire una piccola rivelazione, mentre Kevin Bacon e la sua storia meriterebbero uno spin-off: di fatto, anche se il film può dirsi concluso, la parvenza – neutra: di per sé non è né un pregio né un difetto – d’essere non dico un pilot, ma la prima stagione di una serie, ce l’ha (d’altronde dopo “Lasciarsi il Mondo alle Spalle” io assisterei volentieri a “Take the World Ahead”).

 


Fotografia di Tod Campbell (“Mr. Robot”), montaggio di Lisa Lassek (“the Cabin in the Woods”, “the Circle”) e ottime musiche di Mac Quayle (“Mr. Robot”), con in chiusura laltrettantottimerrima "the Paradigm" di Lil Yachty. Effetti speciali digitali (molto belli e molto ben utilizzati, anche se in alcune occasioni vi è un sovradosaggio di "invisibile" belluria scorciatoriale) supervisionati da Chris Harvey.

 

 

The Plot Against America. (Kaputt Hill.)

 


* * * ½/¾ - 7.25   

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