Regia di Juan Carlos Fresnadillo vedi scheda film
Già dal titolo, dai trailers e dalle immagini promozionali era subito chiaro, cristallino, quale fosse il punto della pellicola ma per chi non lo avesse capito, o era troppo distratto o affaccendato in ben altre questioni, è ancora una voce over che pedantemente apre il film a spiegarcelo (e a far temere il peggio): "questa non è il solito racconto con un principe/cavaliere in luccicante armatura che salva una principessa/donzelletta dalle fauci di un drago…."
Sfortunatamente, aggiungo io.
Damsel è il nuovo (!!) film Netflix diretto dallo spagnolo Juan Carlos Fresnadillo (Intacto, 28 settimane dopo, Intruders) che vede come protagonista la lanciatissima Millie Bobby Brown, star della rete streaming grazie al successo mondiale di Strange Things.
Palesemente “figlioccio” di The Princess, film del 2022 con Joey King uscito su Disney +, Damsel si muove infatti tra la fiaba classica e un’avventura fantasy cercando di reiventare i classici luoghi comuni delle favole in una veste esasperatamente femminista.
Negli ultimi anni non sono certo mancati film che ribaltano gli stereotipi favolistici della bella e fragile principessa che attende di essere salvata dal suo principe azzurro.
Solo nei film d’animazione si va dalla Merida di Ribelle - The Brave ad Anna in Frozen (dove il Principe si scopre voler sposare la Principessa soltanto per risalire la scala sociale), restando sempre in casa Disney, per poi passando alla Dreamworks e alla Principessa Fiona protagonista di Shrek, saga cinematografica tratta dal romanzo di William Steig, parodia che ribaltava completamente gli stereotipi della favola e da cui tutto ha avuto inizio.
Data la popolarità della sua protagonista, Netflix decide quindi di appoggiare l’intero progetto sulle spalle della sua giovane star, la cui credibilità vive ancora sulla rendita del suo personaggio di Stranger Things, ma Millie Bobby Brown non può essere per sempre l’ennesima declinazione di Eleven per un credito ormai troppo riduttivo rispetto alle sue grosse (enormi?) ambizioni, un limite che cerca disperatamente di scrollarsi di dosso puntando a diventare forsennatamente un simbolo del girl empowerment hollywoodiano.
Purtroppo per lei Demsel sbaglia completamente l’approccio, dimostrandosi l’ennesimo blockbuster di Netflix non soltanto piatto e inutile ma anche fastidiosamente pretenzioso.
Il problema più grosso è che la sceneggiatura di Dan Mazeau (Fast X e La furia dei titani, il che è tutto dire) cerca di percorrere troppe strade perdendosi però in altrettanti vicoli ciechi, ripiegando su una versione fiabesca di una dark comedy troppo infantile per un pubblico adulto e troppo violento per un semplice film per famiglie, troppo banale per essere anche epico ma con sfumature da tragedia greca che però trascende dal semplice intrattenimento per tutti che vorrebbe (!) essere.
Salvare i propri sudditi o la propria stirpe? I doveri verso gli altri (di un Re o Governo) vengono prima di quelli per la propria famiglia? L’obbedienza alla famiglia trascende il dovere di ribellarsi ai loro crimini? E fino a che punto può spingersi la vendetta?
Il film pone domande a cui non è assolutamente in grado (e neppure vuole) dare risposte.
La trama inoltre è oltremodo prevedibile, palesemente artificiosa e non ha particolari guizzi che possano determinarne un qualche interesse, limitandosi a improbabili fughe dalla creatura condite da trovate troppo risibili o ingenue per risultare anche accattivanti.
E in una storia in cui gli uomini sono soltanto tappezzerie tutto si riduce a una guerra fra donne che cercano di distruggere altre donne e, in quanto la guerra è cosa da uomini, ovviamente queste si comportano, parlano e agiscono esattamente come gli uomini.
A questo si aggiungono soluzioni sceniche davvero povere e una scarsissima CGI, oltre a una fotografia fin troppo patinata.
Purtroppo, ci pensa poi anche la stessa Millie Bobby Brown (ebbene sì) a peggiorare le cose.
Per quanto se ne dica, sarebbe anche ora di ammettere che la giovane attrice, per quanto brava, non è ancora in grado di dare particolari sfumature ai suoi personaggi e, quindi, di reggere da sola, sulle sue spalle, il peso di un intero film.
Puntare esclusivamente sull’appeal costruito nel tempo su un pubblico di giovanissimi non è sufficiente e, continuando in questo modo, si rischia davvero di compromettere seriamente la sua carriera di attrice.
Prima se ne rendono conto (lei per prima) e meglio sarà.
Tra gli altri membri del cast, al di un certo là del blasone tutti in secondissimo piano, figurano anche Robin Wright, Ray Winstone, Angela Bassett, Brooke Carter, Nick Robinson, Milo Twomey e Nicole Joseph mentre la voce del drago, in originale, e quella di Shohre Aghdashloo.
Partito con le migliori intenzioni, Demsel finisce invece per sembrare una versione al femminile di Dungeons & Dragons, ma di un femminismo (molto) relativo dove la principessa per trionfare deve virilizzarsi secondo uno schema prettamente maschile, trasformandosi a sua volta in Paladino senza macchia e paura.
Come ogni fiaba che si rispetti, poi, il finale del film è buonista oltremisura, i buoni si alleano dispensando giustizia e punizione per i cattivi, mentre il lieto fine è assicurato con il ritorno a casa della principessa, ora diventata la nuova Regina (dei Draghi).
VOTO: 4,5
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