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La sala professori

Regia di Ilker Çatak vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La sala professori

di dansk_noir
4 stelle

Un film molto furbino

In una scuola tedesca si verificano dei furti ricorrenti. La protagonista, l'insegnante Carla Nowak, è impaziente di vederci chiaro e così mette in atto un piano-esca. Con la prova di un furto in mano -una registrazione webcam del pc- si confronta con la sospettata e poi con la preside: comincia quindi un tutti contro tutti che, di fatto, non si risolve ma che si conclude con una scena piuttosto bizzarra.

 

Tra i litiganti il terzo gode. E non è un caso che la proiezione a cui ho assistito sia stata preceduta dal trailer di un docufilm che apre con uno sprazzo di discorso di ursula von der leyen e si presenta come "il film che non vogliono che tu veda"; "vogliono" chi poi? Se il cinema in cui sono seduta fa parte della rete "europacinemas" sicuramente l'affermazione è falsa, oltre che altisonante.

 

A mio avviso si tratta  di un film sulla mancanza di autorità (apparente, si badi bene) che non solo è ricorrente ma funzionale ad un sistema che fa del caos e della paranoia il suo fondamento. La mancanza di autorità accompagna infatti tutte le vicende che vengono messe in mostra; è incarnata dalla già assertiva protagonista che, agendo secondo proprio giudizio, si ritrova in crisi (per questo forse da un certo punto in poi sulla sua cattedra compare una campana tibetana) e in balìa dei suoi stessi alunni; è incarnata dalla preside, sempre titubante e incapace di gestire la situazione; è incarnata ancor più chiaramente dalla polizia, nella scena finale, chiamata sul posto per non-risolvere quella che per loro non è che una quisquilia. 

Anche se alcune situazioni sono abbastanza forzate, il film ha l'indubbio merito di rappresentare l'ambiente scolastico per quello che è. Un luogo che a tratti è logorante e soffocante (non vediamo mai la protagonista nel suo ambiente domestico) per gli stessi insegnanti che subiscono - come nella maggior parte dei lavori oggi- il motto del multitasking. Un luogo di conflitti di opinioni, talvolta aspri considerando la portata degli argomenti. Allargando lo sguardo e facendo due conti il quadro finale che esce è rappresentantivo quanto penoso: mentre i comuni mortali sono intenti a raccapezzarsi e ad arrovellarsi sul significato di giusto e iniquo, mentre si accapigliano su presunte differenze di ideologie (provate a capire le differenze dei vari "partiti" che stanno pastrocchiando a Bruxelles ) il Potere agisce indiscriminatamente e come più gli conviene, usando paraventi come "libertà di stampa" e "tutela della privacy" -  cose espressamente citate nel film e che vanno sempre a danno della protagonista oltre che ad aggravare la situazione di stallo che si viene a creare. E qui ritorniamo all'inizio, il terzo gode dunque. Anche se questo non è così chiaro come può sembrare, ma a questo ci arriviamo dopo.

Il regista adotta uno stile da thriller psicologico seppur con un andamento flemmatico che riesce a tenere su l'attenzione fino quasi alla fine. L' attrice protagonista si adatta bene al ruolo, si poteva evitare il riferimento al razzismo che qui è inserito in modo un po' becero, lo stesso vale per la scelta del cast che sembra sia stato opportunamente "assortito" per la candidatura agli oscar. A tal proposito, non si capisce che ruolo abbia la donna con i capelli scuri e corti, se sia un'insegnate di sostegno, una psicologa o cos'altro, e se sia in qualche modo legata alla protagonista o meno.

Il termine che più si addice a questo film è "mezza verità", nel senso che chiunque lo guardi trova sicuramente qualcosa su cui concordare ma a livello di lettura complessiva risulta quantomai ondivago. Per esempio, verso la fine, non viene data alcuna motivazione del perchè la protagonista non voglia cambiare scuola; la cosa è chiaramente voluta per non offrire - almeno per la protagonista - una via d'uscita.
Già solo il fatto di averlo presentato in forma polcorretta è criticabile, ma lo è ancora di più nell'offrire una rappresentazione priva di un punto di vista, il che non è accettabile tenendo conto della quantità di interrogativi che si accumulano durante tutto il film. Forse è anche per questo che vari articoli di portali di cinema al riguardo offrono analisi molto diverse tra loro ma sempre positive.
Una delle studentesse che cura il giornalino scolastico cita il proverbio "la verità vince su tutto" (veritas omnia vincit) ma secondo me è proprio questo il punto, per il regista vale l'affermazione "la mezza verità vince su tutto" visto che occulta la sua verità che poi è proprio quella che alla fine dovrebbe emergere e della quella invece non c'è traccia. In definitiva si può valutare come MEDIOCRE non per quello che dice ma per quello che non dice. E soprattutto è da considerare un film furbino, anzi, molto furbino.

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