Regia di Ilker Çatak vedi scheda film
CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: LA SALA PROFESSORI
Dopo il premio Oscar 2023 firmato Netflix, la Germania è nuovamente dentro la cinquina che l’11 Marzo decreterà il miglior film internazionale a dimostrazione che il nuovo cinema tedesco ha trovato una nuova linfa vitale anche grazie a una nuova generazione di registi frutto di un’intensa integrazione culturale.
Una dimensione che è ben raccontata e descritta da ?lker Çatak, regista berlinese figlio di immigrati turchi, nel suo intenso e spiazzante “La Sala Professori”.
La scuola da lui descritta è ricca di contraddizioni se da un lato è fortemente multietnica sia tra gli studenti che tra i professori e potrebbe presagire una certa apertura mentale dall’altro è gestita da una “Tolleranza Zero” voluta e imposta da una rigidissima preside.
Il regista racconta questa rigidità incastrando i suoi protagonisti dentro un “Rigido” 4:3 dove le frustrazioni e nevrosi vengono pressate senza sconti imponendosi sui volti dei protagonisti e al tempo stesso senza fare uscire le problematiche fuori dalla realtà scolastica.
Il film si apre con una serie di furti che vedono coinvolti il corpo insegnante, che siano matite ma soprattutto soldi. I due insegnanti maschi alfa si dividono il ruolo di poliziotto buono e quello cattivo e iniziano un’indagine che porta ad una topica pazzesca figlia di un razzismo mai rivelato ma sicuramente nascosto male.
L’idealista Carla Nowak, prof di origine polacca che insegna Matematica ed Educazione Fisica a questa classe di seconda media, che ha trovato il canale giusto per comunicare con i suoi ragazzi e vede male i metodi dei colleghi decide di lasciare aperta la telecamera del suo PC sperando di incastrare la collega che prende i soldi dal salvadanaio del caffè e invece quello che scoprirà sarà destabilizzante e innescherà un meccanismo tipo effetto domino che la catapulterà in una discesa agli inferi di stampo Kafkiano.
?lker Çatak è bravissimo a non prendere una posizione ma solamente a raccontare gli effetti della sua storia scritta in maniera perfetta come fosse un thriller, un ritmo serrato quasi sincopato come i film di spionaggio anni ’70.
Lo spettatore risulta smarrito, non parteggia e non può parteggiare per nessuno perché ogni sviluppo della trama evidenzia il lato negativo di ogni persona coinvolta e sotto sotto ogni lato negativo nascosto dentro di noi.
E cosi la Professoressa che pensava di fare la cosa giusta ma violando la privacy si ritrova tutti i contro; la persona accusata non ammette il suo errore ma attacca creando il dubbio a dei genitori confusi e un po’ assenti; Oskar il primo della classe, un ragazzo di un’intelligenza unica si trasforma nel primo dei ribelli pur di difendere la mamma accusata di tale ingiuria anzi rivoltando la propria intelligenza contro la tanto amata professoressa sfidandola guardandola fissa negli occhi (bellissima la scena in cui risolve in poco tempo il Cubo di Rubik quasi a dimostrare che davanti a se ha un ragazzo che sa il fatto suo); tutti gli studenti tramite il giornalino scolastico diventano il simbolo di una società che si trasforma in un tribunale speciale capace di metterti davanti a una gogna mediatica basata su supposizioni.
Leonie Benesch è bravissima a catalizzare su di sé tutta l’ansia e l’incredulità di una situazione che le sfugge di mano piano piano.
Il regista la segue nel suo incalzare frenetico, nei suoi occhi che da dolci si trasformano in qualcosa di delirante come si evince nelle due significative scene dello smarrimento nel corridoio della scuola dove tutti sono vestiti con la stessa camicia del colpevole e del grido liberatorio in classe con i suoi studenti, una sorta di richiesta d’aiuto per uscire da una trappola da lei stessa creata.
?lker Çatak è bravissimo a lasciarci un finale che non ci lascia risposte ma solo domande che saranno inevase perché domani è un altro giorno e la scuola sarà sempre là con le sue classi, con i suoi studenti, con i suoi professori ma soprattutto con le sue contraddizioni.
Voto 8
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