Regia di Carmelo Bene vedi scheda film
Carmelo Bene odiava il cinema. E si capisce dalla visione di questo suo Amleto. Lo stile (?) adottato in questo suo film (?) fa sembrare ordinario e accademico quello del coevo Ken Russel! Un film dissonante, cacofonico. Come una sinfonia rumorista, dove si sovrappongono diverse e contrastanti tracce strumentali e vocali. All'avanguardia musicale del Novecento, più che al modernismo cinematografico (nouvelle vague, free cinema etc...) o allo stesso rivoluzionario teatro di Bene, pare rifarsi questa insostenibile (in tutti i sensi) opera. Scenografie inesistenti, costumi assurdi, monologhi/dialoghi che si sovrappongono gli uni con gli altri, almeno un migliaio di inquadrature, un montaggio irrazionale, personaggi in continuo movimento: quest'ultimo è forse il dato più saliente del linguaggio filmico di Carmelo Bene, ben più degli anacronismi, dei sincretismi, delle derive pop etc...L'instabilità mentale, il tormento esistenziale, l'insofferenza nei confronti dei dogmi, il disprezzo stesso nei confronti dell'Arte cinematografica, si manifestano proprio in questo moto perpetuo di cui sono "vittime" gli espedienti filmici utilizzati. Bene violentava il cinema, torturandone il linguaggio, sino ad esiti sgradevoli. Non a caso, l'unico cineasta che Bene apprezzava era Buster Keaton, il primo autore in assoluto a fare "cinema nel cinema", svelandone l'artificio e e le relative mistificazioni.
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