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My Worst Enemy

Regia di Mehran Tamadon vedi scheda film

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La recensione su My Worst Enemy

di EightAndHalf
6 stelle

RECENSIONE DI WHERE GOD IS NOT, NON PRESENTE IN DB


Dove Dio non c’è: negli edifici diroccati, nelle cantine e nelle prigioni, dove il regime iraniano tortura e manipola i suoi nemici politici, per scoraggiarli dall’attivismo e spacciarli per terroristi. Mehran Tamadon non è nuovo a indagini documentarie che lo coinvolgono in prima persona, e che assomigliano a giochi kammerspiel al massacro: dopo il confronto coi mullah di Iranian, qui si confronta con le vittime di quelle violenze atroci, penetrando il loro dolore e invitandole a riprodurre quelle stesse violenze. In un gioco di ruolo che, lungi dall’assomigliare ai grotteschi inquietanti re-enactment di Joshua Oppenheimer, invita le vittime a rivedere il loro trauma, a viverlo dall’esterno, in qualche modo a “storicizzarsi” tramite un occhio estraneo e non giudicante. La vicenda di Mazyar Ebrahimi, prima torturato e poi costretto a dichiarare il falso in tv (in un insight terrificante sulla manipolazione della realtà nei media controllati dal regime), è il punto focale dell’indagine di Tamadon, alternato alle non meno importanti testimonianze di Homa Kalhori (prima vittima e poi sorta di kapò al soldo del regime) e dell’intellettuale Taghi Rahmani. Ebrahimi e Tamadon rimettono in scena per almeno 30 angoscianti minuti le torture che il primo subì, riproducendole quasi alla lettera sul corpo di Tamadon, simulando le frustate, le fratture e i movimenti, in un’ostinazione a indagare le piaghe della disperazione che da sola racconta mondi interi. Non senza ironia e non senza stoccate sarcastiche alla percezione esterna che si ha degli intellettuali iraniani (Rahmani che fa humour sugli artisti prigionieri del regime che si fanno così un’ottima pubblicità), Where God is Not non nasconde la sua denuncia, la spalanca agli occhi dello spettatore, non rinunciando a una certa posa troppo elegante ma provocando comunque brividi a più riprese.

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