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Canicola

Regia di Ulrich Seidl vedi scheda film

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La recensione su Canicola

di chinaski
8 stelle


Storie di ordinaria follia si intrecciano in una calda e afosa giornata estiva. Il regista segue i personaggi nei loro piccoli mondi. Pieni di rancori, incomprensioni, violenze e terribili silenzi. Piccoli mondi senza speranza. Il film mostra questi corpi sudati e sfatti, corpi che cercano nel sesso un qualcosa che è interdetto alle loro anime. Il sesso diventa uno squallido mezzo di comunicazione, la via più semplice per cercare un contatto.
Il film è devastante nella sua brutalità. Intesa come manifestazione di un dolore perenne che accompagna la vita dell' uomo. Il regista ci fa vedere queste problematiche che colpisono indiferrentemente ragazzi e anziani, figli e genitori. Ognuno dei personaggi è rinchiuso nella propia gabbia. E non fa niente per uscirne. Verso la fine, quando il ragazzo biondo tenta di vendicare le umiliazioni subite da una donna la sera prima a causa di un suo amico, si svela la vera essenza del film. I personaggi vogliono questa gabbia. Ne hanno bisogno per vivere. Hanno bisogno di queste sbarre che li rendono inumani, feroci, bestiali. Hanno bisogno di queste privazioni e soffrenze. Per rendere reale un dolore che li devasta quotidianamente.
Ho ancora i brividi a pensarci.
Il regista usa uno stile perfetto per il film. Macchina da presa fissa alternata alla macchina a spalla. Quella fissa mostra l' immutabilità delle situazioni. Una geometria perversa di case, corridoi e corpi immobili che inchiodano i personaggi nelle loro esistenze. La macchina a spalla è usata soprattutto per seguire la ragazza idiota, che è l' unica che sembra essere libera di fare quello che vuole. Ma in realtà non è così. La sua libertà è sinonimo di idiozia. La sua voce che parla di tutto con tutti è inutile. L' unico personaggio che riesce a comunicare in realtà ripete solamente le cose che sente alla televisione o che legge sui giornali. La sua comunicazione è vuota. Piena di nulla.
Alla fissità delle case, dei cortili e delle piscine si alterna il movimento delle macchine sulle quali la ragazza sale. File di capannoni, di centri commerciali, di supermercati sfilano davanti ai suoi e ai nostri occhi. Il vuoto della parola è rimepito dal flusso perenne della pubblicità.
E poi c'è il bianco. Il colore dominante del film. Accecante, asettico, brutale.
Il regista riflette a fondo e in maniera drammatica sull' esistenza umana. Ne esce fuori un quadro nichilista e devastante. Ne esce fuori la nostra miseria. E alla fine non vediamo nessuna redenzione, nessuna via di scampo. Solo una ragazza troppo stupida per accorgersi di quanto il mondo sia falso e crudele.

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