Regia di Ulrich Seidl vedi scheda film
In un quartiere residenziale poco lontano da Vienna, tra villette con piscina e condomini incolori, i giorni della canicola si trasformano in quelli dell'abbandono per i suoi residenti che sembrano tutte vittime di un incubo a occhi aperti oltre che di un'inusitata volontà di fare libero sfoggio delle proprie più insane perversioni. Scene di giardinaggio si intrecciano con l'immobilismo cadaverico di persone che prendono il sole accanto alle proprie piscine. Un'uomo (Alfred Mrva) indaga sugli atti di vandalismo compiuti sulle auto del quartiere e intanto cerca di vendere sofisticati impianti d'antifurto. Una donna (Christine Jirku) viene messa con la testa nel water dopo essere stata barbaramente seviziata dal fidinazato (Victor Hennemann) in compagnia di un suo amico (Georg Friedrich). Un' autostoppista (Maria Hofstätter) eccessivamente logorroica asfissia con le sue domande scabrose quanti gli danno occasionalmente un passaggio. Una coppia separata (Claudia Martini e Victor Rathbone) vive ancora nello stesso appartamento e separatamente si reca sul luogo in cui la loro bambina venne investita da un'automobile. Nei sotterranei di un centro commerciale si ammassa un'orgia di corpi nudi. Un'anziana domestica (Gerti Lehner) inscena uno spogliarello per compiacere il suo datore di lavoro (Erich Finsches). Una giovane ragazza (Franziska Weisz) è vittima della cieca gelosia del fidanzato (Rene Wanko).
Storie di ordinaria devianza suburbana probabilmente, oppure è l'orrore contemporaneo che può assumere anche le fattezze di villette a schiera ed ipermercati extralusso, (non) luoghi amorfi che ricevono freddezza e restituiscono vuoti esistenziali da riempire. "Canicola", primo film dell'austriaco cinquantenne Ulrich Seidl (Gran premio della giuria a Venezia), è un film che si compone di più parti ma non è un film corale. Tutti sono partecipi del generale disfacimento dei corpi e delle anime secondo le rispettive esperienze di vita ma ognuno è solo con se stesso e ognuno evidenzia un palese disagio a rapportarsi con un contesto urbano che si nutre di aspettative e dona solo surrogati di benessere, che è pensato come il frutto della più alta forma di qualità della vita, ma si trasforma nel simulacro di ogni desiderio promanato dal centro. Si cerca riparo e sicurezza in questi centri residenziali sorti fuori dalle mura del centro cittadino ma si rimane inconsapevolmente prigionieri di un'idea di efficienza piuttosto che della sua concreta realizzazione, imbrigliati in un ricettacolo di nevrosi che sono troppo reali e contingenti per non poter appartenere a chiunque. Seidl usa i corpi invasi dal sudore che cola e ostentatamente mostrati in tutta la loro sincera bruttezza per creare un evidente legame tra la sgradevole vista di pance deformate e l'asetticità di una periferia deformante. Un film "sudaticcio" di disturbante spessore autoriale.
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