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L'uomo che non c'era

Regia di Joel Coen vedi scheda film

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La recensione su L'uomo che non c'era

di YellowBastard
7 stelle

Poco conosciuto dal grande pubblico ma non per questo meno meritevole di attenzioni, L’uomo che non c’era è un film scritto e diretto dai fratelli Joel & Ethan Coen nel 2001 e che, nonostante l’insuccesso al botteghino, è stato ben accolto dalla critica vincendo anche, ex-equo con Mulholland Drive di David Lynch, il Prix de la mise en scene a Cannes pur non ottenendo di contro nemmeno una candidatura agli Oscar.

Nemo propheta in patria.

 

L'uomo che non c'era – Pianeta Cinema

 

La pellicola dei Coen riprende in modo rigoroso i topoi del genere noir, quello classico degli anni’30 e/o ‘40, per poi rivoluzionarlo trasfigurandolo e riadattandolo alla propria personalissima sensibilità artistica, rimanendone volutamente ancorati per poi trascenderne il genere (ma - attenzione - senza mai tradirlo davvero) attraverso un umorismo sottile, tetro e disturbante, e tocchi d’autore per un esempio riuscito di cinema post-moderno, ovvero giocando col passato e lavorando sui suoi aspetti più noti e usurati (ma senza lasciarsene ingabbiare) per ottenerne invece un prodotto unico e originale, assecondando una personalissima visione della vita, a dire il vero abbastanza pessimistica, dove niente funziona secondo le proprie aspettative e dove, proprio secondo il principio d’inderminazione di Heisenberg, ogni tentativo di intervenire nella realtà distorce la realtà stessa ma mai secondo le proprie intenzioni.

 

I Coen inseriscono anche in questo intricato labirinto di inesplicabile destino per chiunque il loro classico “uomo inadeguato” (Al mondo. Alla società. Anche alla vita?), l’unico a cui rivolgono uno sguardo magnanimo al contrario degli altri, tutti trattati dai registi con un certo, anche giustificato, disprezzo (ad eccezione della giovane pianista, unico elemento di innocenza e di candore per il protagonista, anche questo destinato però a non durare troppo a lungo), e al quale ogni iniziativa, per quanto pigramente portata avanti dallo stesso, influisce con rarefatto disincanto a deflagrare il proprio mondo e a distruggere ogni genere di rapporto tra le persone.

Persone che lo notano semplicemente come “barbiere” (elemento di funzione alla società e quindi di servizio alla comunità) e non come “persona” (essere umano con un’identità, dei bisogni e dei sogni).

 

Può non piacere il loro stile, in questo caso però estremamente classico e sobrio (molto più del solito), ma è impossibile per chiunque negare l’indubbio talento della coppia di registi/sceneggiatori/montatori/produttori di ogni loro pellicola e sarebbe anche sbgliato considerare il film soltanto come puro esercizio di stile e/o un’impeccabile prova di abilità, seppur sia anche (soprattutto?) questo, nel raccontare la storia kafkiana di un uomo senza qualità che cerca di affermare il proprio status di Persona quando in realtà è soltanto una rotella di un meccanismo inesorabile di cui nessuno ha davvero il controllo  

 

L'uomo che non c'era - LongTake - La passione per il cinema ha una nuova  regia

 

A contribuire alla resa finale della pellicola anche la fenomenale fotografia di Roger Deakins, ottenuta con la desaturazione della pellicola originariamente a colori e direttamente ispirata ai ritratti di Richard Avedon, in una riproposizione di volti e immagini che, grazie alle sue luci ed ombre, sembrano davvero provenire dal passato.

Volti che contano su quello complessato di Billy Bob Thornton, splendido protagonista del film dei Coen, come anche di quella di Frances McDormand e di James Gandolfini insieme a Scarlett Johansson, Tony Shalhoub, Richard Jenkins e John Polito.

 

VOTO: 7,5

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