Regia di Joel Coen vedi scheda film
“Io e Doris non avevamo mai parlato molto, il che non lo trovo necessariamente negativo. Ma era buffo: ora volevo parlare. Ora che non c'era più nessuno. Mi trovavo da solo con dei segreti che non volevo e nessuno con cui parlarne, comunque.”
L'
Universo
Orribile,
Malinconico
Oltremodo,
Che
Ha
Ed:
Non
Ostentando
Nessun
Concitamento,
Escogita
Ricatto
Assassino...
Una grigia California, 1949: Ed Crane (Billy Bob Thornton) è un uomo taciturno, schivo, sperso; fa il barbiere nel negozio appartenente al loquace cognato Frank (Michael Badalucco), ma né il contatto quotidiano col collega e coi clienti, né il rapporto ormai ridotto in frantumi con la moglie Doris (Frances McDormand) lo distolgono dalla sua abulia. Non reagisce neanche al sospetto che Doris abbia una tresca con David (James Gandolfini), se non quando riceve la visita in negozio di un bizzarro signorotto da Sacramento, panciuto e col parrucchino, tale Tolliver (Jon Polito), che si autoproclama grande imprenditore bisognoso di un finanziamento per far partire un progetto: lavanderie con macchine per il lavaggio a secco.
È qui che Ed ha un'idea: racimolare i soldi mediante un ricatto anonimo a David. Ma non ha fatto i conti con una lunga serie di concatenazioni che ha così innescato, fra libri contabili ritoccati, truffe, aggressioni, sospetti, fino ad un omicidio e ad un processo che non lo vede imputato.
Crane, ancora inerte e gelido, tenta di dare una scossa prendendosi a cuore le sorti di una ragazzina adolescente, Rachel (Scarlett Johansson), figlia di un suo vecchio amico e piccola appassionata di pianoforte...
Nel 2001, non paghi del loro unanime successo, i fratelli Coen tornano a distanza di anni a rivisitare con intenti seri(osi) il noir vecchio stampo con “L'uomo che non c'era”, esplicando le loro intenzioni già col ricorso ad un inedito (per loro) bianco e nero, ottimamente reso dal lavoro alla fotografia di Roger Deakins.
Il protagonista, a cui presta le fattezze un immenso Billy Bob Thonton, è al centro di un piccolo studio filosofico e antropologico, permeato da un'ironia nera solo vagheggiata: non è un detective, non è un eroe, non è nessuno il personaggio centrale del neo-noir. È un uomo comune, un barbiere, insignificante, ignavo, che si gioca male ogni opportunità della vita nonostante le combinazioni del caso possano finalmente favorirlo; senza possibilità di rivalsa, neanche a chiederlo esplicitamente, un sudato riscatto economico, umano e sociale.
Ben sviluppati anche gli altri personaggi, con la vetta dell'avvocato penalista a dir poco maligno e delizioso interpretato da Tony Shalhoub.
“L'uomo che non c'era” è sì un lavoro di finezza stilistica, addirittura il film più elegante dei fratelli Coen, ma ha anche una gran spinta propulsiva in una trama ben gestita “ritmicamente” (a cui non manca un beffardo colpo di scena) e soprattutto in dialoghi preziosi, profondi e mai tediosi, importanti nel delineare i profili psicologici e nel chiudere con tono quasi epico una vicenda lugubre e così (sub)umana.
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