Regia di David Cronenberg vedi scheda film
Impossibile non trovare qualcosa di interessante in The Shrouds. Il regista stesso e la sua filosofia, mutata e rinnovata nel corso degli anni, hanno ancora la capacità di farci riflettere attraverso qualcosa di respingente.
Se una volta i cambiamenti del corpo servivano a parlarci di una nuova vita, con questo film Cronenberg ci mostra come il cambiamento continua anche dopo la morte. Questo vale per chi non può vedere il proprio corpo sgretolarsi, ma anche per chi può ancora vedere e sceglie di farlo, per chi sceglie di assistere a quel cambiamento.
Un cronenberghiano Vincent Cassel impersona Karsh, un ricco vedovo che tenta di superare la morte della moglie defunta restandole morbosamente attaccato, sia fisicamente che emotivamente, cercandola e ritrovandola nelle donne che frequenta. The Shrouds si muove tra il concreto e l'onirico, mostrandoci la realtà attraverso gli occhi del protagonista.
È impossibile non trovare qualcosa di interessante nel film, il presupposto tiene in piedi tutto, purtroppo non per l'intera durata.
La sensazione è quella di assistere ad un trattato, ad un saggio visivo con un relatore accattivante ma egli stesso confuso. Prima viene introdotto l'argomento, poi veniamo trascinati dentro un complotto tra spie russe e intelligence cinesi, tra milionari ungheresi e santoni islandesi, che tutto fa tranne che approfondire il tema centrale.
The Shrouds - Segreti sepolti (2024): Vincent Cassel, Guy Pearce
Lo stile che Cronenberg sceglie per raccontare la sua storia è incredibilmente retorico, i protagonisti sono logorroici e tolgono tutta la potenza alle immagini che ci vengono mostrate. La "rivelazione" finale dell'amico paranoico (interpretato dal sempre bravo Guy Pierce), tenta di dare un senso a molto di quello che abbiamo visto, ma ha il sapore dello zucchero a velo su una torta bruciata.
Insomma, Cronenberg ha fatto decisamente meglio, anche solo con il recente Crimes of the Future. Ma se vogliamo restare fedeli alla tematica affrontata in The Shrouds, ha fatto sicuramente meglio il suo "figlioccio" artistico Shinya Tsukamoto, che con Vital è riuscito a parlarci dell'accettazione della morte attraverso il corpo in modo molto più efficace e contemporaneamente poetico.
In ogni caso speriamo di vedere altri cento film di questo grandissimo regista.
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