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The Shrouds - Segreti sepolti

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Shrouds - Segreti sepolti

di IlCinefilorosso
8 stelle

Il cinema come cimitero. Il cinema come simulacro. Il cinema come lutto.

I titoli di testa di The Shrouds, opera ultima del regista canadese David Cronenberg, si aprono su una vorticosa moltitudine di puntini che, una volta assemblati, formano una sagoma femminile. Coordinata con il basso e suggestivo ronzio della composizione sonora di Howard Shore, la sequenza si dissolve nella visione onirica di un uomo che osserva il cadavere nudo di una donna giacere all'interno di un sotterraneo dall'estetica preistorica. Uno zoom improvviso ci conduce all'interno della bocca dell'uomo urlante e ci riporta alla realtà: quella di Karsh Relikh che si fa ispezionare i denti dal dottor Hofstra. Intuiamo così che la sagoma femminile in decomposizione altro non era che quella di sua moglie Becca (Diane Kruger).

 

Vincent Cassel, Diane Kruger

The Shrouds - Segreti sepolti (2024): Vincent Cassel, Diane Kruger

 

Osservando questa sequenza iniziale, viene da pensare a "The Big Swallow", film del 1901 di James Williamson, in cui un uomo cammina minacciosamente in avanti come se volesse ingoiare la macchina da presa. Anche qui, come nel film di Williamson, veniamo risucchiati all'interno di un buco nero (la bocca del protagonista). Buco nero che è insieme messa in scena del surreale, dello spaventoso e del lutto, tre elementi che in The Shrouds sembrano essere connessi l'un l'altro. Questo richiamo al cinema dei pionieri ci fa comprendere che non solo ci troviamo in un territorio chiaramente cronenberghiano, con il regista che ci presenta immagini del corpo inquietanti, ma, man mano che il film avanza, diventa evidente come ci troviamo nel Cronenberg della fase finale, caratterizzata da un'essenzialità sempre più evidente (come osserva intelligentemente il critico Giulio Sangiorgio), da una maggiore asciuttezza, da un particolare accento sulla dimensione verbale del racconto e da una corporalità digitalizzata.

 

Con il precedente Crimes of the Future, The Shrouds condivide alcuni elementi stilistici. Il numero di take, per esempio, si è ridotto e i ritmi del montaggio si sono distesi, mentre la fotografia digitale di Donaldson, nel suo pallore, risulta quasi inquietante. Anche le ossessioni tematiche sono simili: un interesse, al contempo critico e affascinato, per il modo in cui la tecnologia ha invaso l'umanità, oltre alla tendenza, tutta contemporanea, a svelare complotti sotterranei. Il corpo, digitalmente ricostruito, nell'attuale cinema di Cronenberg appare levigato, traslucido, creatura post-umana che simboleggia una tensione vita/morte diversa da quella del suo primo periodo. Non è più materico, organico, pulsante, esibito nella sua fragilità e nelle sue mutazioni, la sua consistenza sembra venuta meno; ora è più astratto, come fosse stato svuotato di carne e sangue. In altre parole è divenuto fantasma, e ha condotto l'individuo alla ricerca di nuovi modi per provare piacere (ricordate Robert Pattinson che si spara alla mano in Cosmopolis?).

Il primo cinema del regista canadese esplorava la "nuova carne" in maniera viscerale e tangibile, mentre ora sembra indagare la smaterializzazione del corpo.

D'altronde la grandezza di Cronenberg risiede anche, e forse soprattutto, nell'aver saputo intercettare e problematizzare i cambiamenti sociali, culturali e tecnologici, e di metterli in scena attraverso la costruzione di immagini sempre forti e al contempo diverse, evolvendo con essi il proprio cinema.

È vero che il regista non può fare a meno di continuare a rimanere vicino al corpo, ma è anche vero che il corpo sembra non essere più il centro dell'esperienza umana.

In Cosmopolis, il protagonista vive in una realtà filtrata dagli schermi, in uno spazio (quello della limousine) quasi interamente digitalizzato, senza toccare nulla, mentre in Crimes of the Future, il dolore e il piacere corporeo vengono sostituiti da esperienze di anestetizzazione. In The Shrouds, addirittura, il corpo viene visto solo attraverso uno schermo, da distante, mentre si decompone.

 

E infatti la risposta di Karsh alla morte della moglie Becca è di creare GraveTech, una speciale tecnologia che consente alle persone di monitorare i corpi dei propri cari tramite speciali sudari (abiti con piccole telecamere a raggi X incorporate) in cui vengono avvolti prima della sepoltura. Quando, una sera, uno dei luoghi di sepoltura realizzati da Karsh viene vandalizzato, egli, con l'aiuto del suo fidato programmatore informatico Maury (Guy Pearce), cerca di scoprire il responsabile e il motivo. In questo senso si potrebbe dire che The Shrouds sia un thriller, ma la verità è che gli elementi di mistero in esso presenti sono del tutto secondari rispetto a ciò che, principalmente, si configura come lo studio di un individuo profondamente turbato per il lutto subito. Karsh è circondato dalla tecnologia: non solo possiede una Tesla a guida autonoma, ma utilizza anche un assistente virtuale personale, chiamato Hunny, creato da Maury per aiutarlo a mantenere la sua vita in equilibrio. Tuttavia, tale tecnologia si rivela inefficace nel procurargli consolazione (come dimostrano i suoi incubi e l'imbarazzante appuntamento al buio). L'unica forma di conforto sembra trovarla nella compagnia di due donne: Soo-Min Szabo (Sandrine Holt), moglie cieca di un magnate ungherese e potenziale cliente in procinto di morire, e, nella sua dinamica più perversa, la sorella di Becca, Terry (di nuovo Krueger), che si scopre avere un feticismo per le teorie del complotto.

 

Diane Kruger

The Shrouds - Segreti sepolti (2024): Diane Kruger

 

E proprio la scena di sesso tra Karsh e queste donne costituirà l'unico momento genuinamente passionale di un film che, per il resto, trova il proprio fascino in un'estrema e voluta sterilità. (La presenza di Maury, ex marito di Terry, è uno degli elementi che definisce la componente melò del film).

 

Cronenberg sembra osservare tutto con una calma inquietante, visibilmente diversa nelle tonalità rispetto alle provocazioni overt dei suoi primi film come Videodrome (1983) e Inseparabili (1988). Eppure, se si è disposti a seguirne il flusso, sono numerose le connessioni intellettuali ed emotive che si possono cogliere. Si potrebbe vedere in The Shrouds una storia cautelativa sui limiti della tecnologia nell'affrontare emozioni umane complesse, specialmente quando tale tecnologia può essere facilmente manipolata da forze esterne, personali, multinazionali o di altro tipo.

Ma l'aspetto più inquietante e allo stesso tempo affascinante del film si manifesta nel rifiuto del regista di giudicare Karsh. Cronenberg ha detto, in un'intervista, che gli scienziati dei suoi film sono eroi che, a costo di rischiare tutto, cercano di spingersi oltre i limiti della conoscenza. Nel desiderio dichiarato di Karsh di essere sepolto accanto alla moglie nel suo cimitero risiede un intenso romanticismo, ma c'è anche la grottesca ossessione di voler utilizzare la tecnologia per intravedere le sue ossa, una sorta di voyeurismo necrofilo, una brama visiva e vorace che richiama il contemporaneo bisogno di divorare nevroticamente le immagini, esplorandole in ogni particolare (la tecnologia GraveTech permette anche zoom e grandangoli).

 

scena

The Shrouds - Segreti sepolti (2024): scena

 

Il Cronenberg di The Shrouds, quindi, non dimostra affatto di aver moderato il suo approccio alle immagini, piuttosto di aver raggiunto una certa consapevolezza, poiché ancora chiaramente disposto a tuffarsi a capofitto nelle profondità e nelle distorsioni del desiderio umano. L'umanità si sta allontanando dalla carne, avvicinandosi ad uno stato più mentale, tecnologico, virtuale. Se prima il corpo mutava in modo cruento (i tumori di Videodrome o la fusione uomo/macchina in Crash), ora sembra dissolversi in una sorta di estetica dell'assenza.

La contemporaneità sembra via via poter fare sempre più a meno del corpo, perché la vita è sempre più digitale, sempre più mentale.

 

Al B.A. Film Festival, rispondendo a una domanda di Gianni Canova, il regista afferma che i suoi film non cercano mai di richiamare quelli precedenti, ma in ciascuno di essi risiede un pezzo di se stesso.

In The Shrouds c'è il Cronenberg che tutti conosciamo, quello interessato alla trasformazione dell'umano. 

Solo che prima veniva raccontata attraverso corpi che mutavano, ora attraverso corpi che svaniscono. 

 

 

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