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Past Lives

Regia di Celine Song vedi scheda film

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La recensione su Past Lives

di Gangs 87
5 stelle

Na Young e Hae Sung sono compagni di scuola ma anche amici. A dire il vero a Na Young piace Hae Sung ed è ricambiata da questo dodicenne coetaneo che si troverà abbandonato quando la ragazzina seguirà la sua famiglia in Canada. Dodici anni di silenzio e poi Na Young divenuta Nora, ragazza di New York che studia in una scuola di sceneggiatura, deciderà di provare a rintracciare Hae Sung inconsapevole che questo gesto scatenerà in lui una miscela dolorosa di speranza che finirà per condizionare la sua esistenza.

 

Raramente ho memoria di un film che mi abbia fatta sentire, al termine della sua visione, presa in giro. A partire dall’illusorio titolo, passando per il conseguente trailer, la pellicola d’esordio di Celine Song mi ha dato da subito l’impressione che volesse parlare di amore predestinato. Di quel legame immune al tempo, agli eventi della vita perché instaurato in vite ignote, come tradisce il titolo e anche la credenza coreana a cui si ispira e che più volte viene presa d’esempio durante lo svolgimento; quello In-Yun onnipresente, vero protagonista della sceneggiatura di cui però sembra prendersi gioco, con poca pietà, la Song.

 

Pur presentandoci la potenza e la profondità di questo antico legame, secondo cui sembra che tutte le relazioni nella vita di una persona sono legate alle proprie vite passate. Anche sfiorare uno sconosciuto per strada implica che ci sia già stato un contatto in qualche vita precedente. Le anime gemelle, ad esempio, quelle destinate a stare insieme per sempre, si trovano una sola volta dopo ottomila cicli di morte e rinascita, qualcosa di unico, che si rischia di sprecare se non riconosciuto in tempo.

 

Un concetto esistenziale intimo e romantico che nella pellicola sembra essere unilaterale. Man mano che la storia va avanti è chiaro che i sentimenti di Hae Sung sono molto più forti di Na Young che sembra condurre una vita piena e soddisfacente, a differenza del suo vecchio amico che rimpiange i tempi andati e pensa, a suo dire spesso, quello che sarebbe potuto essere. È proprio questa incongruenza però a far perdere il senso del ricercato In-Yun e che, per tutta la visione, mi ha fatto interrogare sul senso di esplicare un concetto che poi però non viene messo in atto.

 

Ci sono delle cose che non mi sono chiare. Non mi è chiaro il motivo per cui Hae Sung mantenga viva l’idea di un amore ipotetico non ricambiato; non mi è chiaro se effettivamente Na Young, nel profondo, provi le stesse sensazioni di Hae Sung ma non ne sia consapevole; oppure lo è, consapevole, ma troppo indolente per affrontarle e prendersene la responsabilità. Non mi è chiaro cosa ci sia dietro il pianto finale della donna è rimpianto? Liberazione?

 

Seppur vero che non sempre le pellicole vengono girate in modo tale da dare tutte le risposte e che capita non raramente che si finisca, alla fine di una visione, per avere più domande di quante ne avevamo all’inizio. Se questi quesiti però sono accompagnati da irritazione e fastidio, personalmente li ho sempre associati all’incapacità di un regista, di trasmettere emozioni e intenzioni. Interdetta tra la delusione per non aver visto ciò che pensavo e l’insofferenza per le incongruenze percepite, ne sono rimasta profondamente delusa.

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