Regia di Celine Song vedi scheda film
Tre protagonisti, due coppie, due culture, ventiquattro anni in un toccante dramma romantico che si muove in punta di piedi, ma riesce a emozionarci e a farci riflettere raccontando un legame che sopravvive al passare degli anni e alla distanza. Voto: 7, 5 su 10
Conosciamo i tre protagonisti del film (un uomo e una donna orientali, un uomo bianco) seduti al bancone di un bar, attraverso un'inquadratura che capiamo essere la soggettiva di altri clienti fuori campo quando li sentiamo interrogarsi su quali possano essere i rapporti tra quelle tre persone (qual è la coppia? l'uomo orientale è il marito? il fratello? l'uomo bianco è una guida turistica? sono tutti colleghi?). Poi la donna guarda in camera come si fosse accorta di essere osservata e un flashback ci riporta indietro di ventiquattro anni, a Seul, quando Na Young e Hae Sung sono due inseparabili amici di scuola tra cui sta sbocciando un primo amore preadolescenziale. Ma la famiglia della ragazzina sta per emigrare in Canada e l'amicizia per forza maggiore si interrompe. Dodici anni dopo Na Young, che ha scelto il nome occidentale di Nora, è a New York per intraprendere la carriera di autrice e attraverso un commento su Facebook capisce che Hae Sun la sta cercando e lo contatta. I due cominciano a sentirsi attraverso videochiamate via Skype e il sentimento sembra rinascere , ma vedersi di persona risulta impossibile per la lontananza e gli impegni di ciascuno, così Nora tronca un rapporto che sente la sta riportando indietro. La donna poi conosce l'ebreo americano Arthur e lo sposa, mentre le relazioni sentimentali di Hae Sung si rivelano poco fortunate. Altri dodici anni dopo, a ventiquattro anni dalla separazione, Hae Sung arriva finalmente a New York per una settimana a trovare l'amica e qui ha luogo la scena che ha aperto il film.
La regista coreano-canadese Celine Song si ispira alle proprie esperienze personali di coreana emigrata in Nordamerica per firmare un toccante dramma romantico che si muove in punta di piedi, ma risulta efficace nel raccontare un legame che sopravvive al passare degli anni e alla distanza, alla crescita e all'arrivo dell'età adulta, ma che tuttavia non è in grado di superare gli ostacoli che il destino ha frapposto ed è destinato a restare incompleto almeno in questa vita, chissà nella prossima. Resta ai protagonisti e agli spettatori domandarsi cosa sarebbe successo se la famiglia di lei non fosse emigrata.
L'autrice tralascia le occasioni melodrammatiche in favore della melancolia e dell'intimismo, in un film che invita a riflettere e si affida a silenzi eloquenti e a tentativi di interazione che non sortiscono nulla per sviluppare il tema delle relazioni incomplete e delle possibilità irrealizzate. Intelligentemente sceglie di evitare l'epilogo più prevedibile e azzecca appieno la gestione emotiva di certi momenti di coppia, sia tra Na Young e Hae Sung (le videochiamate via Skype, le passeggiate lungo l'East River) che tra la donna e il marito (le discussioni in bagno e a letto), facendo trasparire con semplicità delicatezza la contraddittorietà e la profondità dei sentimenti. Per questo la nomination all'Oscar per la sceneggiatura originale mi pare meritata. La scena di maggiore impatto visivo è quella che simboleggia il distacco: i due ragazzini di rientro da scuola si salutano e si separano, con lui che prosegue lungo il vicolo e lei che sale la scala, in un quartiere di Seul che ricorda quello dove vive la famiglia povera di Parasite.
Il titolo richiama la concezione coreana del inyeon, traducibile come fato o provvidenza nelle relazioni umane, per cui le anime che si sono sfiorate, anche inconsapevolmente, ottomila volte nelle loro vite passate finiranno per sposarsi. Qualcosa di indistruttibile lega due persone che a distanza di anni e migliaia di chilometri continuano a pensarsi e per questo si ritrovano attraverso ricerche sui profili social. Ma nel frattempo ognuno dei due va avanti con la propria vita, gli studi, la carriera, per lei il matrimonio, le esistenze proseguono nelle direzioni divergenti che hanno preso al momento della separazione e che non è più possibile far intersecare. Le loro anime si sono toccate in maniera profonda, ma non potranno essere una coppia: lo stesso Hae Sung ammette che in questa vita gli ottomila strati di inyeon li hanno Nora ed Arthur.
Gli attori protagonisti Greta Lee e Teo Yoo sono bravi nell'indagare nell'introspezione psicologica, nelle molte scene in cui rivelano tanto dei loro caratteri attraverso il non detto, le espressioni, gli sguardi, il linguaggio del corpo. Al marito americano (John Magaro) non viene assegnato il prevedibile ruolo di antagonista (lui stesso lo commenta in una scena meta-cinematografica), anzi viene ritratto come paziente e comprensivo, anche quando in lui si insinua la preoccupazione che il reincontro tra Na Young e Hae Sung possa mettere in crisi il suo matrimonio, ed anche quando viene poco educatamente escluso dalla conversazione in coreano al bar (nel prologo altri clienti del bar li osservano senza riuscire a spiegarsi in maniera chiara quali siano i rapporti tra i tre, ma notano che lui è isolato, forse potrebbe essere solo la guida di una coppia di turisti orientali).
Past Lives è un film bilingue appartenente al genere in espansione coreano-americano, con personaggi che si muovono tra i due Paesi e le due culture e si ascoltano le rispettive lingue, come Minari del 2020, anche quello nominato agli Oscar. Grazie a Dio stavolta il doppiaggio italiano ha scelto di doppiare l'inglese lasciando il coreano con i sottotitoli, e spero che sua indice di una svolta definitiva rispetto ai film multilingue del passato, dove tutto veniva indiscriminatamente doppiato annullando la varietà di idiomi con effetti assurdi su dialoghi e trama (vedasi Babel di Iñárritu). Questo è importante, perché il tema autobiografico della differenza linguistica e in generale culturale è trattato dalla Song in maniera molteplice: non solo quella tra l'uomo americano e quello coreano che comunicano a fatica, ma anche quella tra la moglie e il marito in una coppia mista, ed infine quella tra il coreano rimasto in patria e la coreana emigrata ormai occidentalizzata, con Na Young/Nora in sospeso tra due amori ma anche tra due culture. Lei parla in sogno in coreano e Arthur si preoccupa di non capire e che l'essere compatrioti possa avvicinare la moglie al "rivale", ma Nora commenta abbastanza criticamente il modo di pensare "così coreano" dell'amico d'infanzia, che non può più essere il suo.
Voto: 7, 5 su 10
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