Regia di John Carney vedi scheda film
Una passione può cambiare la vita. Dato per assodato che – fatta eccezione di rari casi - non si parla di miracolosi stravolgimenti, qualsiasi novità in grado di accendere pensieri (pro)positivi non può che essere ben accetta e portare con sé qualcosa di buono. Soprattutto quando si parla di persone in evidente difficoltà, allo sbando, trascurate e lasciate a marcire/macerarsi in disparte, immobilizzate in un eterno e infruttuoso presente, che hanno un estremo bisogno di un input che le scuota, che le inviti a uscire da uno stato di asfissiante/esiziale apatia.
Ebbene, muovendosi all’interno del suo rinomato/riconoscibile cerchio magico, John Carney sforna un feel good movie che, quantunque non presti una grande attenzione alle virgole, ha in dote un ritmo trascinante, produce un coinvolgimento frizzante e regala dei semplici consigli, alla portata di tutti e da prendere in seria considerazione.
Flora (Eve Hewson – The Knick, Robin Hood), una madre single che conduce una vita sregolata, ha pessimi rapporti con il suo ex compagno Ian (Jack Reynor – Inverso, Midsommar), un promettente musicista che non ha sfondato, e con suo figlio Max (Orén Kinlan) il dialogo è quasi nullo, scandito prevalentemente da litigi e insulti.
Qualcosa comincia a smuoversi quando trova una chitarra in un bidone dell’immondizia. Per imparare a usarla decide di prendere lezioni online ed è così che conosce Jeff (Joseph Gordon-Levitt – 500 giorni insieme, 50 e 50), un musicista di Los Angeles, con il quale instaura un bel legame a distanza.
Grazie alla musica, che Flora scopre essere una passione anche di Max, che la coltiva attraverso le nuove tecnologie, i loro orizzonti cominciano ad assumere una tonalità un po’ meno grigia.
Scritto, diretto e musicato da John Carney, e uscito direttamente su Apple Tv+, destinazione che gli ha limitato drasticamente la visibilità, Flora and son riprende/rinnova il modus operandi vincente del regista irlandese, composto da musica ed emozioni (Tutto può cambiare), con Dublino a fare da sfondo (Once, Sing street).
Dunque, mette in scena – anzi, sarebbe più indicato dire che strimpella – un canto su una duplice maturazione, una a scoppio ritardato (con qualche parziale giustificazione) e una problematica/accidentata, descrivendo l’evoluzione di un rapporto madre-figlio, come peraltro esplicitato dal titolo, in un contesto ai margini, nel quale i sogni sono naufragati/inattuabili e si vive alla giornata senza farsi alcuna illusione.
Utilizzando la musica come mezzo/motore che dà la sveglia, lo spartito – ricettivo e slanciato, distensivo e non privo di malizia - intervalla dramma e commedia con notevole dinamismo, anche a costo di essere conciso su molti passaggi/aspetti con del potenziale (tra i vari, l’apporto risicato concesso a Joseph Gordon-Levitt e Jack Reynor, che quando compaiono si fanno notare, per spigliatezza e connessione alla situazione), accompagnando una missione di salvataggio dalle direttive cristalline, dove conta soprattutto il ritrovare (uno spunto che permetta di darsi una scossa/smossa) e il ritrovarsi (perché prima di tutto bisogna stare bene con se stessi).
Inoltre, Flora and son attacca bottone con notevole facilità e possiede una significativa prontezza di riflessi, che gli permette di voltare pagina con appassionata e comprovata immediatezza, si muove a viso aperto, consapevole delle sue vulnerabilità, puntando sulla sua natura accogliente e su canali di dialogo che funzionano a meraviglia, al netto di un finale tutt’altro che memorabile, che comunque lascia allo spettatore lo spazio per pensarci sopra e immaginarsi il resto.
Per ultimo, Eve Hewson è un uragano, prende la palla al balzo e sfrutta la sua grande occasione, rendendo quanto mai viva la sua Flora, una donna che a suo tempo non ha voluto scegliere la strada più facile (un aborto) e che oggi deve fare i conti con un istinto materno menomato, con obblighi e desideri che non trovano un punto d’incontro.
In conclusione, Flora and son non ha le caratteristiche/qualità del grande film ma è comunque cibo per l’anima, ispirato e impulsivo. Un film dalle dichiarazioni d’intenti che non lasciano dubbi sul campo, che innaffia con cura i suoi germogli impiantati su un terreno fertile, disponendo strofe che risvegliano istinti sopiti/sconosciuti, senza tuttavia promettere miracoli, prendendo per mano adolescenti intrattabili, adulti immaturi e svogliati, ambizioni ormai riposte in un cassetto, del quale non esiste più la chiave, e relazioni troncate, con un potere lenitivo che lo rende indicato a chiunque voglia respirare una ventata di aria fresca (con tutte le smussature del caso).
Tra accordi e disaccordi, sofferenze sociali e vie di fuga, empatia e lontananze, ostacoli da dribblare e mete da raggiungere, punti di ristoro e ritornelli non sempre piacevoli, rincorse e spaccature, con l’impagabile sensazione di (ri)sentirsi vivi.
Un toccasana, intraprendente e affabile, affusolato e arieggiato.
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