Regia di Pablo Larrain vedi scheda film
FESTIVAL DI VENEZIA 80 - CONCORSO Pinochet, anzi Monsieur Pinoche vive! Il dittatore, frustrato non per essere ricordato come un assassino sanguinario, quanto piuttosto come un volgare ladro, non solo è vivo ma succhia sangue da oltre 250 anni.
E ha pure una madre insospettabile...ma forse nemmeno non troppo in fondo.
Il dittatore nacque francese alla corte di re Luigi XVI e, vampirizzato dopo una vita di eccessi, trovò, con l'eternità a disposizione, la possibilità di rifarsi una vita di comando e colpi di stato in Cile, diventando appunto il generale Pinochet.
Larrain torna in regia con una satira dai tratti sanguigni e pulp che parte bene, impressiona per la splendida fotografia (di Ed Lachman, una garanzia!) e le riprese ammalianti, ma rimane presto un po' senza fiato, schiava anche di una voce narrante un po' invadente che troverà il modo di esplicitarsi.
Dopo un paio di biopic un po' grigi e quel Ema curioso e vitale, ma non proprio riuscito, Larrain pare tornare nella prima mezz'ora di film, alla sua verve apprezzata, ma non riesce poi a mantenere le promesse, sprecando quasi tutti i personaggi coinvolti, buttati via in un finale confuso e dallo scarso mordente.
La satira feroce e sanguigna sulla voracità famelica delle dittature nella storia non solo cilena, del servilismo utile e necessario per fare propri agi altrimenti fuori portata, si fa, col procedere della vicenda, un po' forzato, pedante, e anche la sorpresa celata a 3/4 di pellicola con lo svelamento dell'identità della voce narrante, non riesce più di tanto a catturare l'attenzione di uno spettatore magari ammaliato dalla maestria delle riprese, ma anche un po' scombussolato da questa satira molto forzata portata fino alle estreme conseguenze.
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