Regia di Stephen Herek vedi scheda film
Rockstar contiene nei simpatici e gustosi dialoghi due grandi verità sul rock and roll:
- Vedi ci sono tante pollastrelle lì fuori che sognano di farsela con te e questo spinge i maschietti ad imitarti e sono i maschi che comprano i dischi. Se le pollastrelle non ti vogliono i maschi se ne vanno... Mettila così: il tuo compito è di vivere le fantasie che glia altri possono solo sognare, non farlo alla 'cazzo di cane', sogna alla grande. Vivi la vita!
Questa, la prima, è sociologia pura ed è un discorso fra un membro storico della band e il giovane e ingenuo nuovo frontman, invece la seconda ha un valore più assoluto:
- Dopo l'olocausto nucleare i sopravvissuti usciranno dalle macerie, nel buio accenderanno un fuoco. Poi un uomo, il cantante delle canzoni, canterà. E' questa l'essenza del rock and roll...
Scherzo, ma è difficile per chi ha un minimo di immaginario rock, non farsi coinvolgere da questa storia che pur essendo edulcorata e moralista (zero drammi, droga e alcol solo visti come sballo quasi innocuo, la famiglia vince, happy end telefonato...), rimane un trascinante ritratto di un'epoca e di un mondo parallelo a quello normale cogliendo il ruolo 'impazzito' della rockstar. Si parte dai Judas Priest di Bob Halford in epoca "Turbo" (1986), ma l'orizzonte è più ampio e coinvolge il cosidetto hair metal statunitense dove regnava il puro edonismo del Sex, drugs and rock and roll. La vicenda si conclude con il tramonto del genere e delle sue inclinazioni più 'tamarre', una vera e propria espiazione in un concertino nel pub, guarda caso a Seattle e guarda caso con tagli di capelli e abiti Grunge, ma questa è un'altra storia... Poi la scelta del sempre ottimo Mark Wahlberg alias Marky Mark è perfetta, chi meglio di lui poteva conoscere il senso di celebrità improvvisa e tutto il delirio che ne consegue, essendo stato nei primi '90 una meteora rapper/dance e anche un modello sex symbol, io me la ricordo bene "Good Vibrations"...
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