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Arcipelaghi

Regia di Giovanni Columbu vedi scheda film

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La recensione su Arcipelaghi

di alan smithee
8 stelle

Opera prima di Giovanni Columbu, portavoce di un cinema regionale sardo che sta tornando sempre più a farsi rivedere ed apprezzare, seppur timidamente (vedi anche l’opera notevole di Salvatore Mereu "Bellas Mariposas") con esiti felici soprattutto dal punto di vista qualitativo, più che in senso commerciale. Un esordio rimasto tale fino all’anno scorso, epoca in cui l'appassionato regista diede alla luce la sua opera seconda, una sacra rappresentazione della passione di Cristo in terra sarda, nel singolare e per certi versi indimenticabile “Su Re”, presentato in concorso all'ultimo TFF. Arcipelaghi è una incalzante ed originale ricostruzione processuale di un omicidio perpetrato nei confronti di un losco individuo, accusato a sua volta dell’uccisione a sangue freddo di un ragazzino, testimone innocente di un furto di bestiame nei pressi di una stalla isolata nell’aperta campagna nuorese ove il bambino si prendeva cura del bestiame per conto di parenti.
Il film infatti alterna con una certa disinvoltura i momenti processuali, scanditi dalla cronaca e dal resoconto spietato e freddo di un omicidio dai tratti ancora da chiarire, con la crudele uccisione del piccolo testimone involontario: due morti che non possono non avere qualcosa in comune. E quando la soluzione pare ormai chiara e inevitabile, tuttavia ci sarà ancora spazio per un colpo di scena, non plateale, ma senz'altro dettato da ragioni di umanità che riescono a trovare una loro ragion d'essere anche nello spettatore più integro e solidare ai valori della giustizia divina. La verità inerente il secondo delitto sarà infatti da rintracciarsi nel sentimento di inevitabile premeditata vendetta da parte di chi ha subito una perdita incolmabile e senza ritorno, ma non necessariamente imputabile al fratello maggiore (ma ancor minorenne) del piccolo ucciso.
Bello, teso e avvincente nel suo continuo alternarsi tra cronaca processuale e tragicità di vita di campagna, scandito tra la lingua dialettale sarda più chiusa ed impenetrabile ed l’italiano della legge uguale per tutti, Arcipelaghi è un film che ricorda il cinema impegnato e coraggioso di Rosi, un cinema che si nutre e completa di sguardi intensi, sofferti e increduli, di volti schietti e impauriti, di confessioni tardive e remissioni di colpe in nome di agghiaccianti crudeltà perpetrate da una umanità che in ogni latitudine del globo non perde occasione per manifestare tutto il suo più  lurido e vergognoso lato animalesco.  

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