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Arcipelaghi

Regia di Giovanni Columbu vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Arcipelaghi

di hallorann
9 stelle

Nei primi anni duemila la Sardegna varcò i confini dell’isola non per i soliti motivi (delinquenziali o turistici tra gli altri) ma per l’originale produzione cinematografica ivi sorta. Gianfranco Cabiddu è stato il pioniere, nel ’87 con DISAMISTADE, storia di faide e vendette barbaricine solo in parte riuscito, nel ’97 con IL FIGLIO DI BAKUNIN il regista del recente documentario PASSAGGI DI TEMPO racconta la storia di un singolare personaggio che attraversa gli eventi più importanti della prima metà del novecento sardo. Nel ’93 l’italotedesca Maria Teresa Camoglio gira a Sennori …CON AMORE FABIA, curioso ritratto femminile imperfetto ma generoso, il sassarese Antonello Grimaldi cresciuto alla scuola-laboratorio Gaumont, anima del Festival di Tavolara UNA NOTTE IN ITALIA e affermato regista di cinema (IL CIELO E’ SEMPRE PIU’ BLU, CAOS CALMO) e di fiction (DISTRETTO DI POLIZIA 2 e 6, IL MOSTRO DI FIRENZE), nel 2001 realizza il giallo urbano UN DELITTO IMPOSSIBILE tratto da PROCEDURA di S.Mannuzzu girato a Sassari e a Bosa. La pellicola suscita umori positivi nella critica e nel pubblico isolano, grazie a una promozione a tappeto del suo autore, mentre due anni dopo il dorgalese Salvatore Mereu con BALLO A TRE PASSI vince il premio della Settimana della Critica a Venezia, quattro storie per quattro stagioni della vita filmate in lingua sarda con sottotitoli. Meritatissimo successo che apre le porte anche al periferico e pugilistico PESI LEGGERI di Enrico Pau, al dilettantesco LA DESTINAZIONE di Piero Sanna e al nuorese Giovanni Columbu con ARCIPELAGHI.

 

Proprio quest’ultimo è di gran lunga il migliore di questa parentesi cinematografica sarda, tratto dall’omonimo romanzo di Maria Giacobbe narra una vicenda che affonda le sue radici nella società matriarcale e agropastorale della Sardegna centrale. Il piccolo Giosuè rimasto solo nell’ovile di famiglia è testimone involontario di un furto di cavalli, commesso lì vicino da tre pastori del luogo. Lucia la madre ignara dell’accaduto decide di andare a riprenderlo la mattina dopo. Nel frattempo il proprietario dei cavalli si fa dire da Giosuè il nome dei tre balordi, i quali costretti a liberarsi della refurtiva, decidono di tornare all’ovile per spaventare il piccolo. Resi ebbri dall’alcol esagerano nelle minacce e uno dei tre, Pietro Flores noto “S’istranzu” lo uccide. L’indomani la madre giunge sul luogo con l’altro figlio Oreste e fanno la tragica scoperta. In paese si intuisce subito chi abbia compiuto il barbaro omicidio, ma allo stesso tempo cala un fitto silenzio omertoso. Tempo dopo, durante la festa di carnevale paesana, Pedru “S’istranzu” viene ucciso da un colpo di pistola, alcuni mesi dopo il quattordicenne Oreste è nel banco degli imputati accusato dell’omicidio, ma non è stata la sua mano a sparare.

 

Il regista decide di girare e montare questa esemplare ed eterna storia di omertà e giustizia in modo inusuale e frammentato di proposito, alterna la fase processuale con i suoi interrogatori al susseguirsi degli avvenimenti, i sensi di colpa della madre alle sue personali indagini, i tormenti dei due amici di Flores e le lunghe corse di Oreste, lo strazio della madre alla vista del cadavere di Giosuè etc. L’esordiente Columbu nel descrivere donne e uomini del luogo, gesti e consuetudini, in particolare il passaggio di consegne della pistola dalla vecchia madre a Lucia coglie la millenaria tradizione del matriarcato e l’essenza del codice barbaricino nei risvolti etico-comportamentali. Quest’opera trasuda realismo allo stato puro (e il manifesto Dogma di Von Trier), nelle facce e nella recitazione naturale e priva di orpelli dei suoi protagonisti (tutti non professionisti), nella sacrosanta scelta della presa diretta e del dialetto come lingua (gli errori più gravi di Cabiddu in passato), nella fotografia di Fabio Olmi e nel montaggio/puzzle di Catherine Cotela. ARCIPELAGHI è il ritratto vero e sincero di un’altra Sardegna lontana da luoghi comuni vetusti e cartoline folcloristiche. 

 

Giovanni Columbu

Surbiles (2017): Giovanni Columbu

 

 

 

 

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