Regia di Vondie Curtis-Hall vedi scheda film
Nella New York da bere degli anni ’80 imperano le discoteche, la febbre del ballo, la musica buona per agitarsi in pista e il kitsch. Mariah Carey ha pensato che era il “luogo giusto” per esordire nel cinema. Cher (una speranza per tutte le nonne che sognano di essere scambiate per le loro nipotine) è stata l’apripista di una delle cicliche conversioni dalla sala d’incisione al set. Madonna, con esiti esilaranti, è da tempo davanti alla macchina da presa; Jennifer Lopez agita il suo ingombrante vano posteriore in ruoli improbabili; le Spice Girls hanno dato un serio contributo al trashcinema. Britney Spears sta meditando il salto e la Carey non voleva restare al palo. Si è fatta confezionare sulla sua minitaglia, slanciata da tacchi altissimi e gonne cortissime, un film che somiglia a un cd con le figure. Nella prima traccia: un’infanzia infelice con una mamma cantante, ubriacona e nera, e un papà bianco che non ne vuole sapere di entrambe. Nella seconda traccia: un istituto e le due amiche del cuore (future coriste). Nella terza: i primi passi come voce che doppia una cantante sfiatata. Dalla quarta alla decima: l’incontro con il dj-producer, pigmalione e amante, verso il primo posto in classifica, la gloria e i litigi. Nell’ultima traccia: il dolore e il Madison Square Garden. Eject.
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