Regia di Diana Ringo vedi scheda film
In un futuro distopico, un'organizzazione capillare e cervellotica osserva costantemente tutti gli esseri umani tramite una serie di congegni audio-video altamente tecnologici. Sul posto di lavoro, un uomo conosce una collega che crede una spia del Potere, ma è in realtà una aspirante rivoluzionaria.
Di questa rilettura delirante e dispersiva del classico orwelliano non c'era affatto bisogno: nulla contro le buone intenzioni della regista, sceneggiatrice, protagonista, montatrice, autrice delle musiche e direttrice della fotografia Diana Ringo, ma questo 1984 si candida sul serio a essere la peggiore versione mai vista sullo schermo dell'omonimo romanzo. Benissimo le luci cupe e le ambientazioni in interni minimalisti all'ennesima potenza, ma non si possono perdonare in nessun modo gli abusi di computergrafica – peraltro in stile ampiamente retrò, molto lacunosi per essere una pellicola del 2023: voluti? Può essere, ma brutti e insistenti lo stesso – e così pure le 'licenze poetiche' che l'autrice si prende, mutilando il racconto e inserendo divagazioni spesso oscure, bizzarre ma prive di una logica anche solo vagamente afferrabile dallo spettatore. Nelle dichiarazioni di Diana Ringo, l'ispirazione per questo film proviene anche da Noi, la novella russa di inizio Novecento da cui Orwell aveva preso a sua volta spunto per 1984; quale che sia la spiegazione, due ore e un quarto di film tanto inconsistente e mal disposto sulla scena (inclusa la recitazione spesso scialba e le battute servite guardando dritto in camera) sono un sonoro pugno nello stomaco. Quantomeno la regista, finlandese classe 1992, ha ancora tanto tempo davanti per correggere il tiro, abbassando magari le pretese artistiche-estetiche (soprattutto se la sua ricerca va in queste direzioni non esattamente intriganti) e focalizzandosi piuttosto sulla fruibilità dei suoi futuri film. 2/10.
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