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Vincent deve morire

Regia di Stéphan Castang vedi scheda film

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La recensione su Vincent deve morire

di Gangs 87
7 stelle

Vincent fa l’architetto e conduce una vita ordinaria. Nel giro di un paio di giorni due suoi colleghi lo aggrediscono. Quando il fatto si ripete per mano di alcuni sconosciuti che vogliono farli del male, Vincent capisce che sta succedendo qualcosa. Anche se non riesce a spiegarsi cosa, decide di allontanarsi dal quotidiano inventandosi una vita fuori dall’ordinario.

 

Al suo esordio dietro la macchina da presa, prima aveva diretto solo alcuni cortometraggi, Stéphan Castang imbastisce un thriller, dalle venature horror, in cui lo sguardo diventa strumento di distruzione di massa, in un mondo in cui sostenere lo sguardo altrui è divenuta impresa ardua, a tratti impossibile. In un crescendo di suspense prima ci fa credere di stare guardando un film psicologico e poi vira nel più classico degli horror pandemici con un finale apocalittico che genera un senso di liberazione inatteso.

 

Nonostante questo cambio di rotta il film di Castang convince e ammalia già dalle prime scene. Grazie all’ottima interpretazione di Karim Leklou (Vincent) lo spettatore crea con il protagonista l’empatia necessaria a parteggiare per lui, anche nei momenti delle scelte meno scontate finisce per essere convincente. Il suo sguardo smarrito verso ciò che accade, già incredulo verso il mondo, diviene mezzo di scambio culturale: solo con gli occhi chiusi siamo capaci di procedere, se li apriamo si svolge il disastro annunciato. 

 

Ed è quando l’uomo si sente braccato dalla violenza che diviene anche lui violento. Per proteggersi dagli altri Vincent si munisce di un teaser, di un cane e di ogni mezzo possibile per salvarsi la pelle, giustificando il perpetrare proprio di quella aggressività che condanna solo in parte, inconsapevolmente. Specchio di una società che troppo gli somiglia, Vincent si alterna nel ruolo di vittima e carnefice fin quando l’amore non lo attanaglia.

 

L’amore che ha il corpo e il volto di Vimala Pons che interpreta Margaux, cameriera dalla vita incasinata che trova in Vincent la normalità che da sempre sembra sfuggire. E’ proprio con l’avvento della protagonista femminile che la pellicola di Castang subisce l’ennesima trasformazione, divenendo una ballata romantica dal difficile svolgimento amoroso: se i due si guardano non riescono a fuggire dall’istinto omicida. Anche nel traslare l’istinto omicida da un protagonista all’altro, la pellicola di Stéphan Castang ha del fascino in quanto si mostra come mai scontata nel suo svolgimento, garantendo un’attrazione sempre costante verso la narrazione.

 

Una pellicola dinamica e affascinante, arricchita dall’eccellente fotografia di Manuel Dacosse che ci mostra la notte come tenue e placida mentre il giorno diventa vivido e pericoloso ennesima dimostrazione che più l’occhio riesce a vedere alla luce del sole più nota le molteplici pericolosità che il mondo cela. Una sorpresa inaspettata presentato come evento speciale della Semaine de la Critique al Festival di Cannes 2023, ma che avrebbe ampiamente meritato di concorrere nella sezione collaterale dedicata alle opere prime.

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