Regia di Justine Triet vedi scheda film
una palma d'oro fredda e raggelata come i sentimenti svaniti di una coppia in crisi
il finale del film è altrettanto agghiacciante dello svolgimento.
dopo aver analizzato, estrapolato, annotato, ascoltato, rimesso in atto, a volte deriso i dati certi e tentato di creare ipotesi su cui costruire l'accusa, possiamo guardare sandra con lo stesso occhio indifferente con la quale l'avremmo guardata per strada o in tv parlare di un suo libro prima della tragica caduta.
marito e moglie sono entrambi scrittori, lei di successo, lui no.
hanno un figlio che a causa di un incidente, perde la vista e per cui il padre si sente in colpa; subentra il blocco dello scrittore e si trasferiscono da una città viva come londra, dove tra l'altro si sono conosciuti, ma estremamente cara, nella cittadina d'origine di lui, in una casa da ristrutturare, fuori dal centro abitato.
a causa della caduta, all'opinione pubblica viene servito l'evisceramento della vita e dei fatti privati della coppia, esibendoli come colpe dell'una piuttosto che discolpe dell'altro; nel mezzo un bimbo di 11 anni più grande di quello che sembra e che dovrebbe.
nulla viene tralasciato pur di mettere in cattiva luce la donna, tratti impenetrabimente freddi, scappata da un paese di merda tedesco, per ritrovarsi in un paese di merda in francia.
tra l'altro la stessa difficoltà della donna di esprimersi in francese, le viene rivoltata contro, dal momento che le viene molto più facile e spontaneo parlare in inglese, escludendo completamento la lingia madre(handicap del doppiaggio italiano ovviamente e non ce lo vogliamo mettere nella testa di vedere i film in lingua).
l'anatomia della caduta, trasmuta nell'anatomia di una coppia in crisi che cerca di vivere la propria vita, con l'aggravante dell'esistenza di un figlio,sputandosi addosso veleno e accusandosi di debolezza o prevaricazione senza riuscire ad avanzare di un millimetro dalla loro condizione di incomunicabilità, esattamente come in tribunale.
alla fine si dovrà scegliere tra la colpevolezza e la non colpevolezza e sperare di aver fatto il miglior lavoro possibile per aver fatto giustizia.
il distacco dello svolgimento drammaturgico e lo sciorinamento delle prove in tribunale, così come la stessa figura della donna, esposta per essere vista e guardata, mette lo spettatore nella condizione quasi di non preoccuparsi di come andrà a finire.
ovviamente l'imputata verrà sempre guardata con un occhio dubitativo, anche dopo che vengono scoperte le registrazioni che il marito faceva prima con il consenso della donna e poi senza che lei sapesse, con lo scopo di sviluppare un'idea per un libro.
tacciata di plagio nei confronti di un progetto rimasto incompiuto del marito, la bisessualità della donna verrà utilizzata per dipingerla come una predatrice ingorda e insoddisfatta.
e lei senza lasciar spazio allo sconforto troppo esibito, continuerà a dirsi innocente della morte del marito.
il film di triet è uno studio antropoligico raggelato dalla giusta esigenza di giustizia, dalla sete di gossip televisivo becero e dall'intima insoddisfazione di una coppia che non riesce e non vuole trovare un compromesso per rimettere insieme cocci che hanno perso definitivamente gli incastri per poter essere re-incollati.
solo il tempo potrà sanare quel senso di horror vacui che la donna tenta di arginare rigirandosi insonne nel letto, aggrappandosi al corpo salvifico del cane.
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