Regia di Severin Fiala, Veronika Franz vedi scheda film
120' di eccellente ambientazione brugeliana nell'Austria rurale circa del 1750, tra le foreste e i laghi in cui pescare pesci d'inverno, quando fuori per via del rigido clima le possibilità di approvvigionamento alimentare con la caccia si sono assottigliate, benissimo restituita allo spettatore anche con i suoni, e la illuminazione sempre tutta il più possibile al naturale, e negli interni delle modeste casupole, soltanto con la illuminazione delle candele o torce.
Una vita con ben pochi svaghi o possibilità di uscite serali poiché non c'è proprio nulla nella nera foresta da visitare, se non il cadavere mummificato seduto sulla seggiola dell'esecuzione, e la testa accanto in una sorta di tabernacolo, della donna che all'inizio del film vediamo misteriosamente accudire un neonato, per poi atrocemente gettarlo dalle pendici di una cascata.
In un simile contesto è quasi naturale che la popolazione sia abbruttita al massimo da false credenze basate tutte sul bigottismo religioso, e da una paura atavica di tutto quale possibile e oscura manifestazione del maligno. Così come avrà ben presto modo di scoprire la neo sposa Agnes, soltanto badare la stalla, mungere gli animali, imparare a cucinare senza poi impilare le stoviglie per non graffiarle ma agganciandole ai ganci sul muro della scarna cucina, come ha sempre modo di osservare con i "suoi" infiniti consigli e correzioni, una onnipresente suocera.
E il marito, beh lui non riserva mai neppure una carezza, un bacio o un abbraccio(se non all'addio nel pre-finale, quando ella completamente impazzita, è abbandonata nelle mani di una stregona-esorcista del posto), non sa manifestare in nessuna maniera un rapporto normale da marito, e seppure non cattivo, non riesce neppure a consumare il matrimonio, se non segandosi accanto ad Agnes nel letto matrimoniale, pure scostandole la faccia con la mano se ella fa per girarsi a guardarlo, forse per sue tare o per il solito bigottismo religioso.
Agnes in breve perde il boccino, frustrata nelle sue aspirazioni di madre, soffocata in ogni modo dall'ignoranza della gente del posto, dettata anche dalle restrizioni alimentari durante le carestie invernali, e dall'autoritarismo di "un'altra generazione" della suocera e del marito, che non sono minimamente in grado di capirla e aiutarla, nel suo progressivo scivolare verso una insorabile, forse congenita follia.
Neppure i suoi genitori e il fratello del paese che è già "lontano'' quindi straniero, quando ella vi si reca fuggita e disperata in cerca di aiuto e di restare là, perché già impegnatisi "con la dote", la restituiranno sempre più sola e disperata al marito e alla suocera.
Alla fine il racconto sarà circolare e Agnes compirà uno stesso insano gesto armata di coltello, contro un bambino durante la preghiera ad un altare religioso.
Questo perché le donne che volevano suicidarsi nella cattolicissima Austria del tempo se non volevano essere dannate per l'eternità e senza perdono non avere nemmeno accesso ai funerali, secondo ciò che per epigrafe ci viene spiegato alla fine, dovevano commettere un omicidio, confessare e venire così imprigionate e poi condannare a morte. Dopo la loro confessione al prete avrebbero avuto l'assoluzione e così la libertà nella morte e nel perdono da "liberate" dopo la vita. Sempre secondo il film della ormai nota coppia austriaca di "The Lodge", ci furono centinaia di casi di assassinio da parte di donne verso soprattutto bambini, ai tempi, per questo motivo.
E qui sorge il dubbio se l'intera operazione non si presti anch'essa ad un intento in linea con i tempi di dare una luce di umana pietà come d'altronde è per tutto il film al personaggio comunque di una disturbata di suo probabilmente in ogni contesto di vita come Agnes, alle donne infanticide poiché provate da una società ancora fortemente patriarcale(che poi sarebbe matriarcale casomai, visto il citato personaggio centrale della suocera), vessate, represse e maltrattate, oltre che dalla immancabile religione oramai strale di tutti i mali. Tutti parole d'ordine che conosciamo ormai fin troppo bene, appena solo che uno accenda per pochi minuti un qualsiasi canale generalista della TV e non soltanto, oggi.
Ma se una storia del genere avesse avuto per protagonisti uomini stressati e depressi, assassini di ragazzini/e, ci sarebbe la medesima immedesimazione e partecipazione umana? Liberi di dubitarne, e soprattutto che mai avrebbe potuto vincere un Orso d'Argento a Berlino.
John Nada
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