Regia di Luc Besson vedi scheda film
Non so esattamente che tipo di film io abbia visto, ma so che mi è piaciuto. Luc Besson, famoso regista francese, non sempre artefice di produzioni decenti, questa volta fa un frullato di generi, partorendo uno strano esemplare, che sta fra i film della Disney, il "Joker" di Todd Phillips, il Cinema "queer" e quello di Aronofsky, cantore dei "freaks". Poi certo, c'è il thriller, il film d'azione, un po' di musical (pochissimo), Shakespeare e il teatro e anche il tema della disabilità. Vi basta? Certo, una volta lette tutte queste diramazioni, uno si aspetterebbe di andare a vedere un film sconclusionato e ridicolo e, invece, come per magia, il collante empatico del bravissimo protagonista, Caleb Landry Jones, e della sua storia disfunzionale, riesce a convincervi di stare assistendo a un ottimo film, intenso e profondo, fino alla catarsi finale. La gioia principale di "Dogman", è proprio quel suo inno alla diversità, alla libertà e all'amore, concetti trattati, per una volta, non retoricamente, ma quasi come forme d'anarchia, come forme di lotta contro il conformismo dilagante, contro il mondo decadente, che non è affatto quello che vive il protagonista, ma il nostro, la gabbia da cani in cui siamo prigionieri. La curiosità, appunto, è che questo discorso arriva da un regista "mainstream" come Besson, che per una volta confonde e sparge messaggi importanti, cosa che il Cinema, ormai ridotto a specchio di super eroi e merda colorata, non fa più da tempo. Un film come "Dogman", pur nelle sue imperfezioni, pur nelle sue improbabibilità canine, è aria fresca per chi crede ancora nella Settima Arte. Da vedere.
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