Regia di Luc Besson vedi scheda film
CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: DOGMAN
"Ovunque ci sia un infelice, Dio invia un cane."
E con questa frase del poeta Alphonse de Lamartine, Luc Besson apre il suo film e ci fa immergere in un mondo in cui l’infelicità la fa da padrone. Senza sconti per nessuno.
E forse per questo motivo che per tutto il film sono rimasto incollato alle sofferenze del protagonista, al modo con cui sono state raccontate, alle emozioni e alle lacrime che la narrazione di Luc Besson ci porta. Senza toni ricattatori, l’empatia nasce spontanea come quando due anime gemelle si incontrano per la prima volta.
Alla base di Dogman c’è la storia vera di un ragazzo cresciuto dentro una gabbia e che ha toccato profondamente il regista che ha deciso di rappresentare il dolore, di come le violenze giovanili possano segnare e trasformare per sempre le persone tirando fuori quel lato cattivo che non credevano di avere.
Il film si apre con l’incontro di due anime lacerate dalla vita: da una parte Douglas un ragazzo in sedia a rotelle travestito da Marilyn Monroe e dall’altro una psichiatra svegliata nel cuore della notte che deve capire il segreto che si cela dietro questo stranissimo personaggio.
E così Douglas racconta il suo dolore all’unica persona che lo può capire perché i diversi si annusano, si riconoscono e si scelgono. Un po’ come successe tra Leon il killer bambino e Matilda la bambina killer o Nikita la tossica che nessuno vuole, riprogrammata per fare giustizia ma non per amare.
Douglas è un ragazzo cresciuto tra le botte senza motivo di un padre violento e l’anaffettività di una madre troppo debole per difenderlo che preferisce la fuga per una vita migliore. Costretto a vivere dentro una gabbia in compagnia dei cani che il genitore allevava per i combattimenti clandestini, oppresso da una religiosità invadente che tutto accetta “In the name of God”. Un God che rovesciato diventa un Dog che indirizzerà per sempre la vita del giovane Douglas.
Luc Besson decide di rappresentare questa vita dolorosa facendo un mix di generi ma risultando un’opera comunque originale, con una sua personalità che evidenzia la mano autoriale del regista.
Si inizia come un racconto Dickensiano dove i continui maltrattamenti costringeranno il protagonista all’immobilismo e dove la sedia a rotelle è sia salvezza che strumento di tortura visto che lui può stare in piedi e camminare solo per qualche minuto altrimenti va incontro a morte certa. Si trasforma in un’illusoria storia d’amore contrassegnata da tutta la poesia e la crudeltà di William Shakespeare, fino ad arrivare al più classico degli action movie con tanto sangue dove il protagonista si trasforma in un Villain/ Eroe accompagnato dal suo esercito fedele composto da cani di tutte le razze disposti a tutto per di difendere il loro capo branco.
Il grande merito di Besson è di aver scelto come protagonista un Caleb Landry Jones, già vincitore come migliore attore un paio di anni fa a Cannes, in stato di grazia che condensa sul suo corpo tutto lo strazio del dolore subito trovando conforto e protezione nella trasformazione di genere dentro un Queer Club.
E così tra un’intensa e disperata Edith Piaff e una seducente e conturbante Marlene Dietrich, compie il suo percorso verso il suo destino.
Dogman è un bellissimo film che parla di salvezza e redenzione, di diversità e dolore, di ricerca dell’amore totale che si trasforma nella scoperta dell’amore non convenzionale.
Il tutto all’interno di una valle di lacrime che sia quella dove vive il protagonista sia quella che sgorga dagli occhi dello spettatore al termine delle 2 emozionanti ore.
Voto 8,5
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