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Reptile

Regia di Grant Singer vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Reptile

di mck
8 stelle

Scrosciare frullant'e assorto.

 

 

Il gran merito di “Reptile”, l’esordio nel lungometraggio di finzione (e un film, date retta a un cretino, nato già classico) del regista di videoclip musicali (the Weeknd, Daft Punk, Sky Ferreira, Ariel Pink, Taylor Swift, Lorde) e spot pubblicitari Grant Singer (se non si vogliono - e no, non lo si vuole - scomodare i nomi di Arthur Penn, Sidney Lumet, William Friedkin e James Gray, e men che meno, ma per altre ragioni, che si tir’in ballo apotropaicamente quello del suo co-omonimo di gentilizio Bryan, con l’augurio che non pigli, mai, la sua stessa strada, allora tutt’al più si potrebbe buttare lì con malcelata nonchalance quello di David Fincher), classe 1985, è...

 

- al netto del bagaglio di negatività costituito da:
• un prologo ch’è tanto involontariamente/inconsapevolmente sbagliato grammaticalmente/sintatticamente quanto incredibilmente/scientemente facente le veci di un narratore inaffidabile/inattendibile e subdolamente fuorviante/mistificante,
• un Justin Timberlake che va rassomigliando con sempre maggior convinzione lombroso-metabolica a un “Fabio Volo proveniente dall’inferno”,
• un inaccettabile sogno ingenuamente/furbescamente ingannatore ch’è un colpo basso in veste d'un WHAT THE FUCK?! grande come la scritta HOLLYWOOD sulle brulle colline di HollyWood posto a 4/5 (1h40’/2h05’), e
• una resa dei conti che supera lo scoglio dell’intervento della sospensione dell’incredulità, che agisce a tutto spiano, per via del fatto che oramai le cose sono arrivate - credibilmente - ad un punto di rottura tale che tutto diventa narrativamente lecito -


...quello di non dismettere, mai, il piglio e la tensione, che anzi opera un moderato crescendo, grazie anch'e soprattutto ad un Benicio del Toro (qui co-sceneggiatore con lo stesso regista e il Benjamin Brewer del prossimo “Arcadian”, da un soggetto di questi ultimi) che, come dice Virgilio a Catone su Dante, “libertà (dal male) va cercando” in uno stato “ben più meglio” (questo invece è un celentanismo) del solito - e il suo è un gran bel (in)solito - di grazia terrena, coadiuvato da un cast altrettant’o quasi stratosferico costituito da Alicia Silverstone (una Lady Macbeth dalla parte del bene), da quelle facce di Eric Bogosian, Domenick Lombardozzi, Mike Pniewski e Frances Fisher, da un ulteriormente ritrovato Michael Pitt in un’interpretazione maiuscola, e poi da Ato Essandoh, Michael Beasley, Karl Glusman, Catherine Dyer e Owen Teague, dalla doppiamente – ma ingiustificatamente/superfluamente - reptilica (schiena ed esuvazione) Matilda Lutz e dalla stessa Sky Ferreira, fino al già citato Justin Timberlake, e di possedere e restituire un finale grandioso (non solo per via della sparatoria/triello, ma pure proprio per via dell’ultima inquadratura tagliata di netto sulla rubinetteria in funzione ch’è un “lieto fine” sperticato e bellissimo).

 


Fotografia di Michael Gioulakis (M. Night Shyamalan, David Robert Mitchell, Jordan Peele), montaggio di Kevin Hickman e musiche di Yair Elazar Glotman, mentre sul piatto del giradischi si passa da “Angel of the Morning” di Chip Taylor nella versione di Evie Sands a “Knockin’ On Heaven’s Door” di Bob Dylan utilizzata benissimo senz’alcuna traccia di facile, fiacca, sciatta e usurata retorica. Produce la Black Label Media (Smith/Luckinbill) di "Sicario" e distribuisce Netflix

 


* * * ¾ - 7.5     

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